Le vere prove di forza non sono muscolari ma figlie del raziocinio che dà impulso ai nervi. L'inerzia dei nervi è la bacchetta magica del Napoli che surclassa la fatica e retrovrete il bioritmo da Champions per preparare l'atterraggio nell'olimpo del calcio, dopo un volo nell'azzurro che dura da 8 mesi. Il Napoli plana anche sul Castellani con un'onda d'urto che non permette assestamenti e trasluce maturità, mai così rimostrata con continuità.

La squadra titolare, che per 10/11 aveva spolpato l'Eintracht 72 ore prima, fa subito razzia del gioco e del punteggio nella prima mezz'ora.

Malgrado il promettente tecnico empolese Zanetti avesse postulato di far seguire ad uomo le due mezz'ali azzurre Zielu e Anguissa da Marin ed Henderson, la sua disamina teoretica sui palloni da sedare a centrocampo non ha sortito il minimo effetto, perché il baricentro altissimo del Napoli, un Baldanzi eluso dal cordone ombelicale del gioco Lobotka, sempre fronte alla porta, Chucky e Kvara ad appiattirsi sulla linea dei tre e la convergenza in zona palla per muovere le catene laterali verso l'imbuto dei vertici dell'area di rigore, ha portato tutto il plotone Empolese a muoversi appena sussultoriamente a 30 metri dalla porta di Meret.

Napoli corto sulle distanze tra i reparti e le spaziature costringe l'Empoli a tirare da lontano


Spalletti, sceriffo del 4-3-3, ha capito che era necessario stressare subito la loro linea difensiva, lenta con l'eccezione di Parisi a sinistra che avrà un buona contesa con Lozano sull'out di competenza, con palle a scoccare la freccia nera Osimhen, farli entrare ed uscire dalle posizioni di blocco, smuovendo qualche angolatura o nodo di marcatura, scoprendo la palla dietro il centrocampo e trovare inserimenti tempistici. Importante anche tenere allacciati ai due difensori centrali sia Mario Rui che Di Lorenzo nel primo tempo, per non dare ipotrofia agli avversari e adito a Parisi ed Ebuehi di poter prendere confidenza con la linea di fondo campo.


Sebbene l'espressione di gioco di buon tono nel primo quarto, è stata una topica del match il jolly pescato dalle carte da gioco, cioè Kvaratskhelia lasciato isolato sul vertice sinistro fuori area sulle inattive, e senza una marcatura preventiva posizionale, preferendo la superiorità numerica a ridosso di Vicario.
Su questa crucialità tattico-statica, i due gol partenopei sono arrivati su insorgenza di soluzioni indirette da corner, grazie a Kvaratshkelia che prima apre il compasso e trova Zielinsky che seguiva l'azione a campo invertito dalla bandierina, cinico a produrre l'autogol di Ismaijli, e poi tira in porta con respinta di Vicario a favore del solito flirt con goal di Osimhen.

A pagare è stato l'atteggiamento di propensione a non scivolare in blocco con tanti uomini su piazzolle di campo ad alta densità di asselvamento, laddove non vi era la necessità di sfondare la seconda linea ma di aggirarla con palleggio a genitiva: destra- sinistra, con i terzini e le mezzali e l'attaccante ad attaccare il vuoto scollato del braccetto difensivo avversario, oppure centro destra-centro sinistra con gli esterni di attacco larghi, i terzini dentro il campo e gl'incursori a poter servire Osimhen a ridosso dell'area di rigore.

Napoli in zona palla con bassa densità di uomini ma elevata frequenza di movimenti a venire incontro

Quando gl'intermedi del centrocampo Empolese sono andati addosso a Lozano e Zielinsky oppure a Kvara e Anguissa, la squadra è tornata da Lobotka, che ha solfeggiato il tempo di partizione della sfera sul versante di travaso del gioco. In questo modo il centrocampo si è contratto e disteso in massimo 30 metri senza andare in extra squeeze. Imbarazzante ancora una volta lo Slovacco ad assorbire le giocate di ricezione e scarico nel suo spettro visivo e dosare la raggiera di passaggi in base alle scalate in avanti; infatti ha completato solo 7 passaggi all'indietro in 95 minuti. Sua l'imbeccata che manda in rete Osimhen di centimetri in off-side alla mezz'ora della ripresa.

Come un culturista, empio della sua estetica, che si sforza ad espellere i muscoli ma non si assopisce, la caparbietà e la flemma degl'azzurri si é contraddistinta molto in fase d'inferiorità numerica. Perché la squadra non si é abbassata e non é calata d'intensità, iniettando propulsione con Elmas e Oliveira e dinamismo con Simeone e Gaetano.

Con questa soluzione 'emergenziale' Anguissa e Zieliensky, hanno flesso la propria elasticità in mediana, lasciando spazio in avanti al macedone per portare palla e rifinire. Proprio Elmas detta ad Osimhen un passaggio-gol, poi volatilizzato per un nulla.

Elmas imbuca per Osimhen in posizione tipica da trequartista.

L'osservatorio statistico, racconta di 6 tiri in porta dei 17 totali, che bissano quelli della partita di Champions antecedente e la media dell'87% di passaggi completati con una pulizia tecnica che é l'amaca sulla quale il Napoli dondola le gare, capace di addormentarle e di impazzare a piacimento, imponendo il ritmo alla contendente, rendendola inerme.

Per quanto la scia fluorescente di successi e risultati stia pitturando la stagione irripetibile del Napoli, l'impianto tattico, suffragato dalla pregevolezza tecnica, sta oltre aspettativa meravigliando i critici. Una squadra che galleggia in 35 metri, che ha sincronismi da scuola calcio e coperture preventive non artefatte ma di cattiveria agonistica e pre-lettura delle dinamiche di movimento.

Stupendo e galvanizzante il Napoli affaticato ma lucido, che vince una partita ostica con l'ostinazione dei gruppi granitici e la convinzione ineluttabile dei numeri primi, ora che il divario dalle inseguitrici é in corrispondenza biunivoca con il margine che potrebbe servire a giustificare un sogno che si reifica ogni partita, in un climax di esaltazioni anche caratteriali.