Un pareggio alquanto inutile per il cammino del Napoli, quello di ieri sera a San Siro. Gli azzurri dovevano, e potevano, vincere la partita. Anche per una dimostrazione di orgoglio di chi è consapevole che, a breve, ci sarà matematicamente il passaggio di consegne da campioni d'Italia.

L'anno scorso, ad inizio aprile, al Maradona si giocò Napoli - Milan. Una serata strana, con contestazioni al limite dell'inverosimile, per un club che si stava avviando verso un’aritmetica vittoria dopo 33 anni e si accingeva a giocarsi uno storico, ed unico, quarto di finale di Champions League.

Il Milan, che era campione in carica, si impose a Fuorigrotta per 4 a 0, in una gara senza storia, con i rossoneri che rivendicarono, nemmeno velatamente, lo status di campioni, mostrando lo scudetto cucito sul petto a tutto il popolo milanista. Così si fa nello sport. Dignità e orgoglio, soprattutto quando i risultati latitano.

Il Napoli a Milano, sponda Inter, non ha avuto la stessa prova di carattere. O almeno, non in tutti i suoi calciatori. Ci hanno pensato Alex Meret e Juan Jesus, i più criticati dalla piazza, a far capire cosa vuol dire avere fierezza. Sugli altri stendiamo un velo pietoso.

Il Napoli porta a casa un punto che nulla toglie e nulla aggiunge nell’economia della corsa all’ultimo posto Champions. Avrebbe potuto, ma soprattutto dovuto, fare di tutto per vincere la partita anche a costo di perderla. Perché, oltre alla classifica, ne andava del proprio onore. Onore che è stato abbandonato da mesi e calpestato. Da parte di tutti, società, staff, calciatori. Tranne, forse, da chi vive constantemente la sua vita da atleta sotto la lente di ingrandimento del giudice supremo del tifo.