Un Napoli in camouflage Halloweniana archivia in surplus la pratica Salernitana, aggiungendo fieno in cascina per il clou del campionato.

Di seguito il resoconto, in 10 moniti, della solida vittoria a Salerno:

1) Aspettative mancanti

Il Napoli a Salerno si esalta nello sforzo di entusiasmare se stesso ed è la rappresentazione plastica in estensione di quello che nel secondo tempo della partita contro il Milan al Maradona aveva dato l'anima incendiaria, che stavolta si apprezza soltanto nelle prime battute di gara, addomesticando una Salernitana molto poco curiosa, se non addirittura incapace, di sbirciare nell'area partenopea.

Il campo non lesina l'impegno dei calciatori in dress nero, ma il termometro del gradimento delle prestazioni di squadra è spesso isotermico; malgrado senza soluzione di continuità in molti frangenti, i migliori della squadra riescono ancora a tirare il coniglio fuori dal cilindro, nello scapestrato tentativo di solidificare delle prestazioni collettive che per buona parte della gara si appiattiscono in una sorta di corto circuito d'idee che vivificano estemporaneamente in giocate d'alta scuola.

Probabilmente questo repertorio contro l'ultima della Serie A, ad onor del vero anche la più debole in questo momento, può più che bastare per concludere la partita senza subire tiri in porta, ma che come già attestato dai tre risultati sfavorevoli nei big match, non è la panacea di tutti i mali; pertanto se vincere contro le piccole per il Napoli è un must ed un esercizio spontaneo di supremazia, il varco da oltrepassare per non lasciar dirottare la stagione verso traguardi minori è vincere gli scontri diretti con le pretendenti al titolo.

2) I derby si vincono

Tra vecchie recrudescenze di tronfio campanilismo ancorate ad un passato recente abbastanza torbido, di totale mancanza di stima tra le due tifoserie, quello che elettivamente dovrebbe essere il vanto sportivo della Regione Campania, cioè il 'derby' in Serie A tra due importanti Club del sud Italia, diventa un tentativo di riduzione di tutte le antinomie di significato di questa parola sia nel senso letterale che in quello campanilistico.

Infatti non è un Derby per Napoli, "lo è solo per la Salernitana". Così recitano i tifosi azzurri da contraltare ad una frangia accesa granata che sa perfettamente che questa arringa di supponenza non rispecchia le reali intenzioni ed intendimenti della platea partenopea, denigrante il basso livello di competitività dei cilentani nel calcio ma rispettando molto il contesto cittadino e periferico.

Eppure i giocatori del Napoli l'hanno affrontata come straregionale, e con questi presupposti hanno polverizzato aspirazioni e invettive dei tifosi della Salernitana, gli stessi che con tanto orgoglio avevano celebrato il ritardo di quattro giorni della celebrazione dello scudetto del Napoli lo scorso 30 aprile, e per quanto non si trattasse di una rivincita, in tema di derby, visto che a Napoli si ama tanto di certo quella partita non si dimentica.

3) La scure della Champions sulla stagione

Il realismo non può essere ardimentoso al punto da sconfinare nel fantasioso, in cui si può pensare che tutto sia lecito con la forza della fantasia senza la capacitazione agonistica.

Per tale assunto l'obiettivo scudetto del Napoli potrà considerarsi tale soltanto quando la classifica sarà bella da asseverare la blindatura della posizione in Champions League, che per De Laurentiis e tutto il Napoli è l'unico giacimento di rinnovate speranze sia ad ambizioni economiche che sportive. Pertanto il prossimo passo da compiere nella maniera corretta contro l'Union Berlino per gli ottavi di champions e la qualificazione alla fase a gironi del prossimo anno, sono i due orizzonti temporali su cui viaggia la squadra in questo momento con le varie tappe delle coppe nazionali a marcare il percorso.

Ma senza creare fraintendimenti affrancandosi di titolo di squadra che può ambire a tutto, perché essere forti con le piccole e molto meno forti con le grandi è l'anticamera dell'equilibrio dentro uno spettro d'illusioni che evidentemente non possono più essere all'altezza dei sogni.

4) I test antiprobanti

Vincere con la Salernitana non ha mai dato negl'ultimi anni enorme soddisfazione ai tifosi del Napoli, specie se nelle ultime sei partite disputate in A, hai vinto cinque volte nel completo anonimato e senza neanche entusiasmare eccessivamente. Ma le partite contro le squadre della parte di destra della classifica della Serie A sciorinano nella bocca dei tifosi come passaggi obbligati di un percorso ad ostacoli non insormontabili.

Vedere il Napoli gestire con autorevolezza e cinismo pur senza incantare, contro squadre ad un coefficiente tecnico inferiore al 60-70% di quello degli 'Azzurri' diventa un modo lezioso per esibire a sprazzi la propria bravura ma senza dar spettacolo.

Pertanto è corretto dire che la sola organizzazione da squadra e una buona qualità esibita dal Napoli, servono a disarcionare qualsiasi tipo di bramosia di fare risultato delle piccole, con cui solitamente si dice che si costruiscono la vittorie dei campionati. Da questo punto di vista il Napoli ha vinto 6 delle 7 partite giocate contro squadre in lotta per gli ultimi posti senza faticare tanto, ma è parimenti indecente spodestarsi come contro Lazio, Fiorentina e Milan, e con il senno di poi, vederle perdere nelle partite immediatamente successive.

5) Il Garcia permaloso

In questo momento, vezzeggiando un noto telefilm degli anni 90 il cui protagonista era soltanto omonimo del mister francese, riducendolo a personaggio, si può dire che Rudi Garcia è un tenente senza sotto ufficiali. È difficile stabilire (ma intuitivo) a quale tipo di orientamento educativo e psicologico il mister adisca indirizzare una parte della critica, purtroppo maggioritariamente efferata nei suoi riguardi; è evidente però che l'esegesi di altezzosità nei confronti di qualsiasi tipo di "questio" volta a sindacare il suo operato, sia derubricata dall'allenatore come disistimante per la sua persona, e non sono molto onorevoli le prese di posizione con atteggiamento sulla difensiva riguardo giudizi che vanno nel merito tecnico del suo lavoro e del rendimento globale della squadra.

La relazione con l'ambiente interno al mondo giornalistico e sportivo da parte di Garcia è pedissequamente volta al procrastinamento dell'affronto dei problemi, che stagnano su un piano di alienazione dell'allenatore dagli stessi, il quale convintamente prosegue sulla sua strada incurante di qualsiasi tipo di attaccabrighe e se da una parte ha ragione a perseverare nel suo credo, nel suo lavoro con gli adepti dello staff e del gruppo squadra, d'altro canto nell'era della comunicazione il mister presta totalmente il fianco alla forzata ricerca dell' empatia, difficilemente assorbibile con questa suscettibilità.

6) L'obiettivo sbandierato senza vento

Sia Lobotka che il capitano Di Lorenzo nell'immediato dopo partita, nella pancia dello stadio di Salerno, si confessano dinanzi a un microfono alludendo a qualche prestazione poco convincente del passato recente, unita all'indomita aspirazione di grandezza ed al rinnovamento di un obiettivo, forse neanche più sognato, che è lo scudetto.

L'anno scorso di questi tempi era una mera utopia parlarne apertamente, perché la squadra si inoltrava verso un Eden di cose inesplorate. Oggi la scalata sembra molto più ripida, i giocatori ne sono consapevoli ma il fatto di sentirsi parte integrante di una nuova corsa verso l'apicalità è una ottima rimostranza per cementare la coalizione di un gruppo di giocatori che sta dando seguito alle parole con i fatti vincendo il maggior numero di partite, avvolti nella responsabilità che non tutto è andato come doveva ma lapalissianamente, soltanto riconoscendo i propri errori si può progredire.

La dichiarata ammissione dell'obiettivo di confermarsi dice molto sulle convinte volontà di rilancio della squadra.

7) Gli sprazzi di pura bellezza

Il dedalo di passaggi a due tocchi in snodo con cui il Napoli percuote la zona centrale della campo fino a ridosso dell'area piccola della Salernitana, sono il bigliettino da visita della squadra, che con buoni crismi di talento, sa coniugare un calcio di magistrale bravura all'efficacia dell'azione offensiva.

Da questo canovaccio sorge l'intuito di Lobotka assistman in area per il goal di Raspadori e la tecnica al comando dei triangoli in rapida successione che portano il Napoli a tirare in porta 4 volte nel primo tempo, ammosciandosi nella seconda parte di match.

Spunti di notabile memoria di quanto questi calciatori siano tra i migliori in assoluto a produrre calcio di primo livello e tarati per vincere giocando bene con il pallone. La più grande fatica di questo inizio di stagione è stata disimparare a fraseggiare nello stretto.

8) I salernitani avvelenati

È una narrazione ricca di infingimenti storici quella della rivalità che esce molto fuori dalle righe del contesto sportivo tra Napoli e Salerno, in realtà due città di mare, due porti marittimi vicini, due snodi per rotte commerciali contigue e una serie di calchi, usi e travasi linguistici che accomunano anche le parlate dialettali locali. Per quanto Salerno non possa paragonarsi a Napoli, né da un punto di vista della sfera culturale di appartenenza né tanto meno nella dimensione demagogica e demografica, l'odio invertebrato che il supporter salernitano, gorgogliante un malcelato costume, riversa nei confronti della tifoseria napoletana e della squadra stessa non è un comportamento all'altezza di una squadra di serie A.

Specie quando dal versante partenopeo, neanche di rado si sono segnalate calunnie o svilimenti nei loro confronti, qualificando solo chi formatta ogni tipo di ragionamento riguardo l'avversione, che dona ancor più un complesso di inferiorità ai tifosi della Salernitana e che non ha una fonte meramente sportiva, quanto subculturale.

Se ai tifosi della Salernitana non è simpatico il Napoli sicuramente non potranno bearsi di disprezzare il culto della napoletanità, purtroppo per loro patrimonio dell'umanità.

9) Elmas lo spadaccino

Il talento di Skopje offre sempre l'impressione di essere a metà del guado, tra il sereno e la tempesta, indeciso sul da farsi se sporcarsi le mani nei duelli o utilizzare i guanti bianchi nei contrasti. Quel che è certo è che nella contesa la presenza di Elmas ha sempre un suo peso specifico, per quanto in questa stagione non stia trovando lo spazio desiderato o quantomeno auspicato, Elijf è uno degli ormai leader tecnici del Napoli, e stavolta riesce a imprimere il proprio sigillo sul campionato, con la speranza quantomeno di ripetere gli scoring dell'annata precedente.

Nell'ultimo crogiolo di partite in cui a malapena ha valicato la soglia della sufficienza giocando spezzoni di gare, a Salerno si riprende un gol che gli era mancato e già negato dal palo nella scorsa stagione, poi per fortuna ribattuto in rete da Osimhen.

Per le sue doti balistiche che provano ad alzare spesso l'asticella dello standard, Elmas può essere annoverato nella categoria dei guerrieri intonsi, che nel duello spadaccinano senza né colpo ferire né subire e per questo il gol, anche di preggevolezza, che batte Ochoa, sancisce il successo del Napoli all'Arechi ed è un buon viatico per dare sfogo a tutte quelle abilità sottaciute da giocatori meno utilizzati, che servono tanto alla squadra per vincere qualsiasi tipo di partita.

Se Elmas sale di tono ed incrementa il valore qualitativo delle proprie performance, anche i ricambi a centrocampo potrebbero diventare una nuova leva di forza per la squadra.

10) Il tempo è tiranno

Al Napoli servirebbe un po' di tempo in più per dissalare la pungenza dei tempi che corrono, con la classifica attuale poco esaltante ed il focus sui tre punti che non sempre convincono completamente.

Non ci sarà però tanto tempo ancora a disposizione di Garcia per poter gestire la rosa e provare variazioni d'assetto con pochi cambi di giocatori, visto che dopo la sosta ci sarà un poker di partite d'acciaio da far tremare i polsi, in cui la stagione del Napoli potrebbe prendere un indirizzamento chiaro e preciso sia in Champions dove la situazione sembra pressappoco delineata, che in campionato dove ammiccare alle false speranze è una fulgida consapevolezza di fallimento di cui la squadra è totalmente conscia, per cui naviga a vista verso incontri ravvicinati ogni 72-96 ore che fin ora hanno portato in dote solo un 11 titolare quasi inamovibile e pochi giocatori in stato di grazia.

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