Sono ore di incertezza, quelle che accompagnano le giornate dei tifosi bianconeri da quando, giusto una settimana fa, la Corte d’appello federale ha accolto e inasprito la richiesta di penalizzazione presentata dal procuratore Chinè. Una penalizzazione di 15 punti che ha definitivamente affossato i sogni scudetto della squadra di Allegri che pochi giorni prima aveva rimediato una sonora sconfitta nella sfida del Maradona contro la capolista Napoli. Una stangata che ha ridisegnato la classifica di Serie A e aperto nuovi scenari per la conquista dell’ambitissimo pass per i gironi di Champions League.

Ma i guai per la vecchia signora non dovrebbero finire qui, con l’inchiesta Prisma condotta dalla Procura di Torino, che pende come una spada di Damocle sulla sua testa, a rappresentare l’ennesimo atto di una vicenda che ci accompagnerà fino al termine di questa stagione e oltre. All’orizzonte si prospettano dunque altri due processi a carico della Juventus, quello riguardante la questione stipendi e quello legato invece al secondo filone sulle plusvalenze, ma andiamo per ordine.

In attesa nei prossimi giorni delle motivazioni, che hanno spinto la corte d’appello federale ad accogliere l’istanza di riapertura del processo che in primavera aveva visto tutti gli indagati assolti in merito alla questione plusvalenze, bisogna far luce su un punto fondamentale e che finora i giornali di parte si sono visti bene dal chiarirlo ai tifosi/lettori. La Juventus non ha pagato per le plusvalenze in sé, ma per un “sistema” come lo ha definito lo stesso Chinè, che aveva come unico fine quello di aggiustare i conti del club a discapito del regolare svolgimento del campionato. Arrivando - dopo aver attinto alle oltre 14.000 pagine prodotte dalla Procura di Torino, frutto di indagini, perquisizioni e intercettazioni - al seguente teorema:

“Le nuove prove evidenziano la particolare gravità dal punto di vista sportivo delle condotte tenute che hanno impattato su più campionati professionistici di Serie A falsificandoli. Nelle stagioni al vaglio il club aveva perdite molto significative ma invece di mettere le mani in tasca e ripianarle ha creato plusvalenze fittizie che le hanno permesso di mettere soldi veri sul mercato e acquistare giocatori che ha poi schierato falsando la competizione sportiva a danno di altre società che hanno davvero ripianato e che non hanno fatto mercato ma magari hanno venduto gioielli di famiglia. Ci sono club che hanno dovuto cedere calciatori da 20 gol a campionato e l’anno successivo in classifica hanno pagato dazio”. 

Ecco perché a pagare è stata solo la Juventus, mentre per le altre otto società sono state confermate le medesime sanzioni richieste nel precedente procedimento, visto che non si è stati in grado di produrre nuovi indizi di colpevolezza.

Le motivazioni quindi dovranno spiegare, andando a costituire i capisaldi sui quali poggeranno in futuro le argomentazioni sul tema, la differenza tra un’operazione lecita come la plusvalenza rispetto a quella considerata artificiale - che è il caso di quelle contestate alla Juventus e che costituiscono uno schema volto ad alterare i bilanci – e il principio afflittivo con il quale si è deciso di punire il club. Spunti di interesse enorme e che si candidano a fare giurisprudenza.

Il timore di nuove e più pesanti conseguente per il club dell’ex presidente Andrea Agnelli nasce, dal possibile e quanto mai inevitabile alla luce delle prove raccolte, dal probabile processo per la manovra stipendi. Quello che rappresenta il fulcro degli atti raccolti dalla procura di Torino e che dal punto di vista sportivo porta all’apertura di un procedimento per la violazione dell’articolo 31 del Codice di giustizia sportiva. Questa norma al comma 3 prevede che:

“La società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde comunque loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti” venga sanzionata con un’ammenda “da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito o corrisposto, cui può aggiungersi la penalizzazione di uno o più punti in classifica”.

In questo caso parliamo, secondo la Gazzetta dello Sport, di quattro mensilità con un risparmio contabilizzato di circa 90 milioni di euro. Una cifra che se confermata rischia seriamente di mettere in ginocchio le casse bianconere e avere conseguenze anche per le stagioni a venire. Più difficile invece, ma possibile, l’ipotesi di retrocessione del club disciplinata dal comma 2, il quale punisce:

 “La società che, mediante falsificazione dei propri documenti contabili o amministrativi“, ottenga l’iscrizione a una competizione cui non avrebbe potuto essere ammessa sulla base delle disposizioni vigenti”.

Scenario questo che dovrebbe essere dimostrato dalla Procura Federale e che ci sentiamo di escludere, anche considerando le enormi capacità del gruppo Exor proprietario della Juventus e la forte immissione di liquidi durante le stagioni sportive al centro dell’inchiesta.

Ma se il club trema anche i suoi tesserati non se la passano meglio, visto che il rischio di squalifiche è serio, come previsto dall’articolo 31 CGS al comma 8:

“I tesserati che pattuiscono con la società o percepiscono comunque dalla stessa compensi, premi o indennità in violazione delle norme federali sono soggetti alla sanzione della squalifica di durata non inferiore a un mese”

In questo caso alla procura basterebbe provare l’esistenza di un accordo in violazione alle norme federali, cosa già accertata dalla giustizia ordinaria, per poter chiedere che anche i calciatori e tecnici coinvolti vengano sanzionati.

A tutto questo si andrebbero ad aggiungere le decisioni della UEFA che molto probabilmente attenderà la fine delle vicende giudiziarie per esprimersi nel merito ed eventualmente comminare una serie di sanzioni che potrebbero di fatto escludere la Juventus da tutte le competizioni continentali per un periodo non inferiore ai 3 anni.

Con il campionato che si appresta ad entrare nella seconda e decisiva parte della competizione ci si chiede quando potremo mettere la parola fine a questa vicenda, quanto mai annosa per l’immagine e la credibilità del calcio italiano nel mondo. Il Codice di Giustizia a riguardo è molto dettagliato e prevede tempistiche molto stringenti. Dalla data di iscrizione nel registro delle notizie di fatti o atti rilevanti della notizia dell’illecito le indagini prendono l’avvio e possono durare 60 giorni con facoltà di massimo 2 proroghe per un totale di 120 giorni. Dalla chiusura delle indagini, il Procuratore Federale potrà notificare l'atto di deferimento entro 30 giorni dalla scadenza del termine concesso nella comunicazione di chiusura delle indagini. Entro dieci giorni dalla ricezione dell'atto di deferimento, il Presidente del Tribunale fissa l'udienza di discussione. Tra la data di ricezione dell'avviso di fissazione e la data fissata per l'udienza innanzi alla Sezione disciplinare del Tribunale federale, deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni liberi. E questo è solo il primo grado avanti al Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare, sicché i tempi per la conclusione definitiva è plausibile slittino oltre il 1 luglio 2023. Sarà un’altra estate torrida da trascorrere tra aule di tribunale e rinvii a giudizio, con l’augurio che sia anche l’ultima.