In un freddo ed umido lunedì di fine novembre arriva la “bomba sportiva” del 2022 italiano: tutto il CDA della Juventus si è dimesso in assemblea straordinaria, ponendo fine alla lunga presidenza di Andrea Agnelli.

Una notizia imprevedibile nella tempistica e sicuramente clamorosa nella sostanza, che apre tanti scenari sia per gli ex dirigenti bianconeri, che saranno verosimilmente rinviati a giudizio, sia per la Juventus stessa che potrebbe avere sanzioni economiche e sportive per quanto fatto dai suoi ex dirigenti.

La ricostruzione dell’addio

Il clamore mediatico della notizia è stato enorme, sui social dalle 21:30 di lunedì non s’è parlato di altro, tanto che il finale di Portogallo-Uruguay (partita con tante stelle in campo) è passato in secondo piano. Ci sono state le prime ricostruzioni giornalistiche, i primi interventi tv (addirittura a 7Gold è intervenuto Moggi ritenendosi sorpreso delle dimissioni di massa) e ci sono stati, ovviamente, numerosissimi meme e commenti ironici da parte di tutti.

Insomma un delirio social notevole che riporta alla mente la mezzanotte del 20 aprile 2021, quando venne annunciata “la Superlega” che avrebbe modificato il calcio, almeno nelle intenzioni dei proponenti. Come è noto, poi il progetto è naufragato, ma quei 3 giorni di psicosi collettiva con tanto di vari interventi di capi di Stato come Macron e Johnson non li ha dimenticati nessuno e i tre club “golpsiti” (Barcellona, Juventus e Real Madrid) non hanno mai fatto un passo indietro, almeno a parole.

Ma ora che Agnelli si è dimesso e sarà probabilmente sotto processo penale: che risvolti ci potranno essere sulla questione?

Una Superlega debole nei suoi pezzi

Solo nella giornata di martedì c’è stato il comunicato della Liga che ha chiesto  alla Uefa sanzioni immediate per la Juventus per le accuse di falso in bilancio (che violerebbero un cardine Uefa, il fair play finanziario) ed è probabile che nelle prossime ore gli attacchi mediatici non mancheranno.

La Juventus, nonostante questo, continua a supportare il progetto e prova a distogliere quanto più possibile l’attenzione dal fuoco mediatico e giudiziario.  La situazione bianconera però non può passare inosservata e di sicuro non favorisce i club “golpisti”: per cercare di sovvertire un sistema ben strutturato e radicato come quello della Uefa serve unità d’intenti e, soprattutto, coesione interna; se una di queste componenti viene meno il compito diventa arduo.

La coesione interna però non sembra mancare solo a Torino, ma la sua mancanza si nota anche in Catalogna. Il Barcellona di Laporta non è riuscito ad arrivare alla fase ad eliminazione diretta della Champions per il secondo anno di fila nonostante una campagna acquisti faraonica tanto che il club catalano aveva imposto come obiettivo minimo i quarti di Champions per cercare di rientrare dalle spese: obiettivo fallito miseramente. I catalani cercano di racimolare soldi, ma questo sembra non bastare per minimizzare le ingenti perdite.

L’unico dei tre club golpisti che è sano e forte è il Real Madrid, campione d’Europa in carica e che ha ringiovanito la rosa. Il presidente Perez rilancia ancora a parole il progetto, ma nei fatti tutto tace per il momento.

Forse si aspetterà la fine del mondiale Qatariota o forse si accantonerà del tutto, ma sembra essere evidente che il Real Madrid ha bisogno di due alleati solidi e senza problemi interni; è vero che i più potenti vanno sempre temuti e rispettati, ma sembra anche troppo per il solo Real sovvertire un intero sistema calcistico.