Kvaratskhelia segna l'1-0 contro l'Empoli
Kvaratskhelia segna l'1-0 contro l'Empoli

Ci sono due Napoli, quello che viaggia da primo in classifica e quello che continua a regalare tempi alle avversarie. Siamo sicuri che il risultatismo sia un'arma che si potrà gestire e utilizzare ogni volta che servirà in un campionato lungo e complesso come la Serie A? A Empoli, gli azzurri faticano. Fin troppo.

In questa prima fase, al Napoli di Conte è stata data la medaglia di squadra cinica. Venduta come un'evoluzione necessaria, il rischio però è quello di snaturare una rosa che ha nel suo dna la necessità di dominare il campo per raggiungere gli obiettivi.

Forse qualche punto in meno in classifica si sarebbe potuto barattare con una ricerca costante di perfezionare quella che dovrebbe essere la mission principale di un club che non vanta santi in paradiso e che deve stravincere per alzare trofei.

A Conte nessuno chiede di vincere al primo anno. Ma assistere al primo tempo di Empoli dopo un mercato da top club e la conferma dei principali protagonisti del primo scudetto sembra francamente troppo.

Il gioco latita. Non da oggi. Kvaratskhelia mai azionato, Lukaku sembra avere una sola giocata codificata e neanche troppo efficace. La profondità è un miraggio, quasi un tabù. Possesso laborioso e intermittente. La palla sempre alta, non accarezza più il manto erboso.

Al momento, il Napoli di Conte non sembra una squadra che sappia sempre cosa fare, anzi. Vive di fiammate, oggi neanche troppe fino all'azione che porta al rigore che sblocca il match. Regala campo e minuti anche alle più piccole, in casa come fuori.

Dove non arriva con la palla, Conte però ci arriva con la personalità. Toglie un flaccido Lukaku e inserisce un campione d'Italia non per caso. Giovanni Simeone è argento vivo. Un torello fastidioso e combattivo. L'equivalente di Alessandro Buongiorno in difesa.

Chiedere di più oltre i tre punti non è un dispetto, ma una necessità. Da Conte ci aspettiamo soluzioni nuove e soprattutto approcci alla gara degni della sua rabbia agonistica. Poi se crediamo alla storiella del decimo posto dello scorso anno come punto di riferimento dal quale ripartire, allora va bene così. Facciamo finta di niente e siamo tutti più felici.


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