Quando il Napoli ha salvato il mio matrimonio
I miei amici più stretti e i miei familiari credono che il mio sia il più alto grado di ossessione raggiungibile da essere umano.
Li comprendo ma non sono esattamente d’accordo.
Certo, sono consapevole di soffrire di un disturbo ossessivo compulsivo per la maglia azzurra, ma so anche che ce ne sono a migliaia come me, malati senza speranza per i quali il Napoli non è un gioco, non è un divertimento, ma una diversa visione della realtà.
Io sono quello che, tempo due minuti che è uscito, sa a memoria il calendario degli anticipi e posticipi. Non voglio assolutamente correre il rischio di prendere altri impegni durante una partita. Sono un maniaco del controllo e il pensiero che ci possa essere un impedimento esterno alla visione del match degli azzurri mi fa andare in paranoia.
Eppure ci sono cose che non si possono prevedere.
Estate 2014: dopo otto anni di fidanzamento, due crisi superate, una relazione di quasi tre anni a distanza e un successivo anno di convivenza, io e la mia dolce metà decidemmo di convolare a nozze. La prima cosa da stabilire era la data. Mi accorsi subito di avere poca voce in capitolo.
“Ci tengo tantissimo a proseguire la tradizione di famiglia. I miei genitori si sono sposati il 23 aprile. I miei nonni si sono sposati il 23 aprile. I miei bisnonni si sono sposati il 23 aprile. I miei tris nonni…”.
Mentre lei risaliva tutto l’albero genealogico, presi lo smartphone. Tra un’occhiata ai video del nuovo acquisto Michu (“uagliù questo è forte forte”, andavo dicendo in giro gasatissimo) e un rapido sguardo alle voci di calciomercato che davano vicinissimo l’arrivo di Mascherano, controllai sul calendario la data.
23 aprile 2015. Giovedì. Via libera. Si può fare.
Eravamo a fine luglio e il Napoli doveva disputare il preliminare di Champions League. Ai miei occhi di Rafaelita convinto il passaggio del turno era una pura formalità.
Il sorteggio come al solito non fu benevolo. Beccammo la più forte: l’Atletico Bilbao. 1 a 1 all’andata, con Michu che davanti al portiere preferì passare a Callejon. Un “non tiro” che avrebbe agitato le mie notti per parecchi anni a venire. Al ritorno il vantaggio di Hamsik ci illuse. Fummo travolti 3 a 1. Venimmo ripescati in Europa League.
Che si gioca di giovedì.
Fu una stagione maledetta, iniziata con uno dei peggiori mercati dell’era Adl (David Lopez, De Guzman, un giovane Koulibaly da molti ritenuto un pacco) e terminata con il rigore di Higuain sparato in curva contro la Lazio. In mezzo grandi prestazioni (la SuperCoppa di Doha) alternate a cocenti delusioni. Ogni volta che mi illudevo di fare il salto di qualità, puntualmente i nostri eroi venivano meno.
Ma in Europa League no. In Europa League la marcia di quel Napoli non conobbe ostacoli. Superato agevolmente il girone, passeggiamo col Trabzonspor e chiudemmo senza affanni la pratica Dinamo Mosca.
Al momento del sorteggio per i quarti di finale stavo come un pazzo. Sulla carta le squadre più ostiche erano Siviglia e Wolfsburg. Beccammo proprio i tedeschi. Volevo morire. Il mio matrimonio era previsto proprio la sera della partita di ritorno.
Mi sembrava un atroce beffa del destino.
Io, proprio io che maledico puntualmente tutti quelli che mi invitano a battesimi, comunioni, compleanni e celebrazioni varie in contemporanea ad un incontro del Napoli, proprio io mi sarei beccato (giustamente!) gli insulti di quelli che si volevano vedere la partita in grazia di Dio.
Ma il problema non riguardava unicamente gli altri. Il problema riguardava principalmente me. Temevo di combinare qualche casino proprio la sera del mio matrimonio. Sarebbe finita che avrei passato la serata davanti al televisore, o quanto meno ammacchiato da qualche parte con uno smartphone in mano, scatenando l’ira della fresca sposa e rischiando un divorzio lampo.
Ci voleva un miracolo.
La sera del 16 aprile mancava una settimana esatta alla data delle nozze. Il Napoli stava per scendere in campo a Wolfsburg per la partita di andata. Mi ritrovai, tesissimo in volto, mani congiunte a preghiera, a parlare da solo sul divano: “Cara Ssc Napoli, sono un tuo fedelissimo devoto. Da quando ho abbandonato il lato oscuro della forza e ho abbracciato la fede ti ho sempre sostenuto. Sono state infinitamente di più le delusioni che le gioie, eppure ci sono sempre stato. Anzi, a dirtela tutta, più andavi male più ti sentivo solo mia. Non ti ho mai chiesto niente e mai avrei pensato di chiedertelo. Sappi che io ci sarò sempre, al di là del risultato. Ma stavolta è diverso. Stavolta ne va del mio matrimonio. Ho bisogno che stasera tu giochi la miglior partita della stagione. Vincere non basta. Devi stravincere, per rendere il ritorno una partita senza importanza. Per piacere, non deludermi”.
“Con chi parli?”
La mia futura moglie era entrata in salotto senza che me ne rendessi conto.
“Io? No, con ness… cioè stavo mandando un vocale” farfugliai prima di accendere la tv.
Quella partita ve la ricordate tutti. La migliore del biennio Benitez. Aprì le danze Higuain, che stoppò in sospetto fuorigioco un lancio di Mertens e fulminò il portiere con un esterno delizioso. Poi Hamsik, di prima a raccogliere un taglio pregevole del Pipita. Ad inizio secondo tempo ancora il Capitano, al termine di un’azione da Playstation. Il quarto lo fece Gabbiadini di testa.
Ero in piedi sul divano, afono, commosso, gli occhi da fuori, incredulo per quel regalo inaspettato.
4 a 1.
Le mie preghiere furono esaudite. Il mio matrimonio era salvo.
Ah, poi il ritorno lo vidi comunque. Feci mettere una televisione durante il ricevimento e non riuscii a fare a meno di andare a dare una sbirciata ogni tanto. Che il pallone è rotondo e, si sa, quel Napoli era capace di tutto.
Per fortuna sono ancora felicemente sposato.
Anche se, calendario alla mano, ho già memorizzato che il prossimo 23 aprile è in programma un Juve Napoli che potrebbe essere decisivo per il matematico scudetto.
E chi lo sa come va a finire st’anniversario…