Napoli e l'Eterno Ritorno
Poco meno di un anno fa pubblicammo un articolo dal titolo evocativo “Il giorno della Marmotta del Napoli”. Eravamo ebbri di un Napoli praticamente perfetto in tutta la stagione autunnale, il tanto strombazzato Inverno Spallettiano non ci spaventava affatto (ed avevamo ragione!) e ci sembrò dunque il momento adatto per spezzare quella che era diventata una specie di maledizione.
Quell’articolo terminava con la consapevolezza che il giorno della marmotta del Napoli fosse effettivamente terminato e che l’eterno ritorno nietzschiano per una volta potesse essere accantonato. Eravamo pronti a degustare giorno dopo giorno il trionfo: il Napoli era diventata la BIG più forte d’Italia e si apprestava a conquistare il meritato tricolore, senza dover ricorrere a miracoli dai capelli ricci e il mancino magico.
Eravamo in cima, ci sentivamo in cima, ammettiamolo. Ci siamo sentiti così anche dopo lo sfortunato capitombolo contro il Milan in Europa – del resto quella Champions poteva benissimo essere una prova generale di quella dell’anno dopo, da affrontare come testa di serie – e anche dopo i balbettii di fine campionato, dovuti certamente ad appagamento. Ci siamo sentiti tali anche dopo i sorprendenti, fino a un certo punto, addii di Luciano Spalletti e Cristiano Giuntoli, certi che la nostra nuova dimensione avrebbe attirato professionisti altrettanto validi.
Ci siamo cascati tutti, o quasi, insomma. E, però, se Nietzsche è uno dei Filosofi massimi e noi no, ci sarà pure un motivo. Ed ecco che la sua teoria dell’eterno ritorno… ritorna. Ancora una volta abbiamo creduto di essere lungo un percorso lineare, prima di accorgerci che invece eravamo di nuovo su un dannato cerchio dove inizio e fine si mescolano a ritmi imprevedibili.
La meno big delle big
Inutile rivangare gli errori fatti durante quest’estate, c’è già chi lo fa quotidianamente, il punto è che il Napoli ha smarrito la dimensione che aveva appena faticosamente conquistato. Non siamo più una Big – La BIG – ma siamo tornati ad essere “la meno big delle big” o “la più outsider delle outsider”. Siamo tornati a valere sicuramente più di una Lazio, o una Fiorentina, un’Atalanta e magari anche una Roma, ma allo stesso tempo siamo di nuovo inferiori, sul campo e ancor più rapidamente sui giornali, un gradino sotto le tre blasonate del Nord.
Lo siamo nella classifica in Italia dove siamo esattamente dietro loro, lo siamo in Europa, dove – tolta la squalificata Juventus – pesando i punti fatti e le squadre affrontate siamo sicuramente dietro all’Inter ma anche probabilmente al Milan che comunque uno scalpo prestigioso lo ha conquistato battendo il PSG, mentre noi annaspavamo contro Bonucci, lo siamo infine nell’espressione di gioco, perlomeno rispetto a tutti i Napoli del recente passato.
Lo siamo nell’immaginario collettivo, il nostro, ipercritico da sempre quando si tratta di analizzare i propri colori, lo siamo per il Nord, che non vedeva e vede l’ora di far riabbassare la cresta a quel club meridionale proletario, di nuovo visto come un po’ di polvere accumulatasi sulla spalletta della giacca e da rimuovere con uno sbatter di mano. Lo siamo però anche per chi però prova ad analizzare il calcio in modo oggettivo, deluso e spiazzato da questo nuovo corso povero di bellezza ed efficacia.
Avevamo fatto il Salto, ma poi, probabilmente, sono arrivate le vertigini, e abbiamo deciso di ritornare indietro. Di nuovo in quel limbo fatto di rinnovi promessi, di campioni insoddisfatti, di rivoluzioni a metà, ma anche di posti vuoti allo Stadio e critiche che approfittano sempre dell’inerzia del momento per esser più sferzanti perché è doveroso ricordare che, se c’è stata mancanza di autocritica in chi opera nel Napoli, ce n'è invece in eccesso da parte di chi tifa e giudica.
Siamo quindi al punto di partenza. Come finirà quest’anno, o nei prossimi anni, non lo sappiamo, anche se alcuni di noi, intimamente, hanno riconosciuto dinamiche già vissute tante volte in passato e le hanno già proiettate verso il futuro, senza aver nemmeno studiato una pagina di filosofia, con buona pace del vecchio Friedrich che, comunque, se interrogato, un pronostico sul finale di stagione magari lo avrebbe tirato fuori. E ci avrebbe azzeccato.