Mentre la piazza e gli addetti ai lavori impazzano per il nome del nuovo allenatore del Napoli, dalla società sembra quasi trapelare una sensazione di calma piatta. Come se non fosse la priorità trovare, e quindi annunciare, il tecnico che dovrà sostituire Luciano Spalletti. Aurelio De Laurentiis sembra quasi si stia divertendo con i casting. Ci si guarda negli occhi, si cena, si arriva al dolce e poi... "le faremo sapere".

Toto allenatore Napoli: una corsa al nome mai vista

I bookmakers pure ci stanno capendo poco, lanciando nella mischia un profilo nuovo un giorno si e l'altro pure, mentre giornalisti anche autorevoli si sono esposti troppo, han floppato, si son mantenuti poi distaccati. Adesso sbilanciarsi sul nome del futuro allenatore del Napoli può seriamente portare ad una brutta figura di quelle importanti. Gli allenatori che a quelle cene partecipano, come ad esempio Paulo Sousa della Salernitana, son costretti, dopo, ad usare parole di circostanza per non rovinare rapporti con le piazze di appartenenza. Ma non è che, in tutto questo, il nome del prossimo tecnico non sia poi troppo importante?

Ci sono degli esempi importanti in Europa, anche in top team, che avallano questa tesi. Cioè prendere un allenatore non necessariamente conosciuto ma contrattualizzare un'idea. La mentalità della SSC Napoli tanto cara a De Laurentiis. Ma non solo per gli allenatori, bensì anche per il Direttore Sportivo.

"La figura del DS è importante ma non centrale. Non ho bisogno di un nuovo Direttore Sportivo, perché ho una squadra di management". Questo il De Laurentiis pensiero in una intervista di qualche giorno fa. Questa idea può darsi la voglia sposare anche per quanto riguarda il post Spalletti. Cioè non correre dietro a nomi necessariamente conosciuti, ma a profili adatti alla mentalità societaria, evitando così di legarsi troppo a singoli individui, affidando il destino nelle mani di pochi.

Proprio come, ad esempio, fanno Ajax, Lipsia, Salisburgo, Borussia Dortmund, Arsenal ed altre, che sono club virtuosi nonostante spesso e volentieri affidino le panchine ad allenatori sconosciuti o che han fatto bene in piazze minori. Si eviterebbero allenatori (ma anche ds) che iniziano a pretendere sforzi societari maggiori o che, in casi estremi, vanno via.

Può darsi che Aurelio De Laurentiis voglia creare una sorta di laboratorio dove si formano calciatori e allenatori secondo la filosofia societaria e non viceversa. Può essere questa la nuova frontiera per chi sta ad un passo dal divenire un top club. Certo, il fatturato farà sempre (nella stragrande maggioranza dei casi) la differenza per trofei prestigiosi, ma questo tipo di politica può diventare sicuramente molto valida.

Nei prossimi giorni vedremo se il patron annuncerà un profilo conosciuto che prenda l'eredità di Spalletti oppure presenterà qualcuno di cui nessuno sospetta. In ogni caso però il Napoli sembra quasi non voglia più affidare il futuro a poche persone. E sarebbe giusto così. Qualunque persona assunta da una qualsiasi azienda sposa la mentalità della stessa, e non viceversa. La piazza lo dovrà accettare, come avviene altrove. Il Napoli mostri ancora una volta coraggio, come ha sempre dimostrato di avere e sposi la filosofia, non un allenatore.

Anche da questo aspetto si vede la crescita.