The Special Boomer
Oggi parliamo di rimpianti.
Di un ragazzino nato e cresciuto nei sobborghi di Miami. Una passione per la boxe. Per vie traverse la vita lo porta - dopo un periodo di forzata interruzione dallo sport - alla recitazione. Sfonda e spacca tutto, il giovane. Ma all’apice della carriera, indovinate chi sarà il suo più grande nemico? Esatto: se stesso.
Ebbene, José Mourinho mi ricorda Mickey Rourke.
La storia è piena di esempi, di persone che grazie alle loro gesta diventano Speciali. Gente che riesce ad emergere, ad essere migliore degli altri in un determinato campo. Ma poi cosa accade? Il successo può inebriare i sensi e l’intelletto a tal punto da essere alla fine ricordati più per il tonfo finale che per l’ascesa? A volte si.
Ovviamente non so cosa accadrà in futuro, ma la discesa netta - e dolorosa- è tracciata. Lo Special One, come lui stesso si definì in una conferenza d’esordio al Chelsea, oramai di speciale ha ben poco.
È stato per i primi dieci anni di carriera, probabilmente, colui che ha ottenuto più successi andando a sviluppare il proprio ruolo con metodologie di lavoro inconsuete.
In effetti, posso dire con certezza, e senza che nessuno si scandalizzi che non è un esteta del calcio. Come esempio ricordo un Inter Barcellona di Champions League dove dire che ci fu un pullman parcheggiato davanti la porta dei blaugrana è un eufemismo. Non è un esperto di tattica nel senso più puro del termine. Non è un maniaco di allenamenti particolari, ne innovativi. Allora, vi domanderete, cosa ha sancito il suo successo?
Josè è un abile stratega della mente umana. Ha fondato la sua carriera sulla mente.
E’ stato abilissimo ad entrare nella testa delle persone. Sia in quelle dei suoi calciatori che in quelle degli avversari. Se a questo aggiungiamo poi delle rose di tutto rispetto, ed una devozione enorme al successo, ecco che il gioco è fatto.
Il problema evidente, quando mancano basi fondamentali come quelle elencate prima è che, nel momento in cui il tuo potere manipolatore scema, tutto il castello di carte che hai costruito (o che vorresti costruire) cade al primo soffio di vento.
Con la conferenza stampa che ha preceduto Napoli Roma, ho avuto la certezza di quello che ormai penso da tempo. Mourinho l’ha persa davanti ai microfoni questa partita, nonostante la prova gagliarda dei suoi al Maradona. In realtà l'ha persa prima, ma anche e soprattutto dopo, con un post gara ancora meno degno del suo palmares pieno zeppo di dichiarazioni che vanno contro se stesso e la sua storia. Sono finiti i tempi in cui il portoghese si fa forte dei suoi tituli. Oggi sembra accontentarsi di una buona prestazione da zero punti. Una tendenza auto commiserativa che va oltre ogni logica. La sua Roma ha mostrato più attributi di quanto le dichiarazioni della vigilia preannunciassero. Non è mai buon segno quando un allenatore analizza la partita appena conclusa parlando degli avversari. Di quanto Osimhen debba cambiare atteggiamento se vuole ambire alla Premier il prossimo anno. Come non fu un bel segnale la scenetta dell'andata in cui faceva fatica a ricordare il nome di Lozano.
Alle chiacchiere, sono seguiti i fatti. Inconcepibile la foto postata su Instagram del gruppo squadra che festeggia una sconfitta nello spogliatoio del Maradona. Che poi festeggia è un parolone. Non c'è un sorriso. Sembra quando lo zio antipatico a Natale costringe i nipoti a farsi un Serfies con lui. Il fastidio si percepisce in ogni espressione. Ecco cosa è diventato Mourinho: un boomer.
Ha dimostrato una pochezza intellettuale che, per chi ama le grandi sfide, è stato un dolore immenso. Ci saremmo aspettati altro dal fu Special One. Almeno davanti i microfoni. Qualcosa di più epico.
Quando si decide di vivere una vita spericolata, sempre di corsa, quando si vuole avere tutto e subito, quando si riescono a ottenere facilmente le cose che hai sempre desiderato e la tua preoccupazione è cercare di avere ancora di più, quando sei dipendente dall'adrenalina non riesci ad ascoltare niente e nessuno perché metti te stesso sempre avanti a tutto, quando scegli di sacrificare i tuoi affetti per i successi personali, quando ti ami troppo e ti senti onnipotente e decidi di camminare sempre su un cornicione, prima o poi cadi.
José è caduto dinnanzi gli occhi del più il più grande di tutti. Nella sua casa, sotto lo sguardo di Diego Armando Maradona. Non ci poteva essere epilogo migliore.
Occorre essere sempre predisposti ad imparare anche quando si mal sopporta che gli altri insegnino.
Game Over, Mou.