Antonio Conte: onore all’uomo dei miracoli del Napoli

Conte: l’uomo dei miracoli del Napoli
La Gazzetta dello Sport elogia Antonio Conte ed il suo Napoli.
Il Napoli non ha ancora lo scudetto stretto tra le mani, ma le mani ce le ha messe sopra. E portarglielo via, adesso, sarà difficilissimo. È successo tutto in otto giorni: l’Inter non ha preso nemmeno un punto tra Bologna e Roma, gli azzurri hanno fatto il pieno con Monza e Torino. E così Conte, che era staccato di tre lunghezze da Inzaghi, ora è invece davanti con quello stesso vantaggio. Finita? No, non ancora: mancano quattro partite e molto - in teoria - può accadere; non sarebbe la prima volta che il calcio sa stupirci. La sensazione, però, è che la giornata numero trentaquattro possa avere scritto parole decisive nello sprint al vertice. E non solo perché adesso il Napoli può permettersi un mezzo passaggio a vuoto, un pareggio, visto che gli sarebbero sufficienti dieci punti per diventare irraggiungibile. Né perché il calendario - che conta, ma fino a un certo punto - è meno agevole per l’Inter, attesa peraltro anche dalla doppia semifinale di Champions. Il fatto è che la squadra di Conte è più efficace, cattiva, convinta. E soprattutto più brillante, fresca, in forze. Quella di Inzaghi pare spenta, prosciugata, come se avesse perso ogni energia, fisica e mentale . Insomma: chi è davanti sta bene, chi insegue sta male. Giusto che l’Inter non molli e ci provi in ogni modo, però i segnali non sono incoraggianti.

Alla fine del campionato, se i nerazzurri non dovessero rimontare il Napoli, ricorderemmo questa sconfitta contro la Roma come quella di Bologna tre anni fa, nella stagione dello scudetto del Milan: l’errore di Radu, il 2-1 per i rossoblù, il titolo che se ne va. A proposito: anche allora si giocò il 27 aprile. Una data da segnare con il circoletto nero sul calendario interista .
Ma come si è arrivati a questo punto? Com’è accaduto che la squadra migliore del campionato sia entrata in una crisi così grave - con Inzaghi non aveva mai perso tre partite consecutive, per di più senza segnare - proprio nel periodo decisivo della stagione? Ha pesato qualche errore di valutazione della società nel momento della costruzione del gruppo . Dalla scorsa stagione i nerazzurri erano alla ricerca di un attaccante forte, forte davvero, affinché il peso dei gol non fosse solo sulle spalle di Lautaro e Thuram. Hanno pensato di avere risolto il problema principale dell’organico ingaggiando Taremi e - ormai è chiaro - hanno sbagliato scelta. Una scelta importante. Poi ci sono le responsabilità dell’allenatore, che è stato abilissimo a tenere l’Inter in corsa in tutte le competizioni ma si è trovato a giocarsi tre trofei con una squadra sulle gambe. Chi osserva oggi i nerazzurri in campo, li vede stremati. Anche i migliori, quelli che di solito sono più reattivi, quelli che non tradiscono: Dimarco, Barella, Calhanoglu. Gli infortuni di Dumfries e Thuram hanno pesato, ma quale squadra non ha problemi di questo tipo? Prendete il Bayern: ha giocato contro l’Inter senza molti dei suoi calciatori più forti. E il Barcellona, prossimo avversario dei nerazzurri, spera di rimettere in piedi Lewandowski proprio per la semifinale di Champions. Ma i catalani sabato hanno giocato 120 minuti a ritmi stratosferici contro il Real e hanno vinto la Coppa del Re: è stata la loro gara numero 53 nella stagione contro le 52 dell’Inter. C’è stato qualche errore nella gestione fisica del gruppo da parte di Inzaghi e del suo staff? Il turnover è stato applicato nel modo migliore? Si è forse sopravvalutata la capacità dei nerazzurri di poter tenere botta su tutti i fronti? Perché arrivare in fondo ovunque e poi rimanere a mani vuote sarebbe uno smacco e forse si sarebbero dovute fare altre valutazioni.
Inter in crisi: il Napoli di Conte ne ha approfittato
Come l’Inter è andata in crisi nel momento della verità, il Napoli è tornato a un rendimento elevato proprio adesso benché abbia dovuto confrontarsi a sua volta con infortuni importanti. È vero, ha giocato molte partite in meno rispetto ai nerazzurri (37 a 52), ma ha anche un organico più povero, soprattutto nelle seconde linee. Conte ha rappresentato pure stavolta - come spesso gli è capitato in carriera - uno straordinario valore aggiunto: nessuno è più abile di Antonio a ottenere il massimo da un gruppo, a portarlo al limite delle proprie possibilità e anche oltre. Magari dopo poche stagioni ha spremuto a tal punto i calciatori e i dirigenti da rendere inevitabile l’addio - non a caso il suo rapporto più lungo con un club sono i tre anni alla Juve - ma in quel periodo ottiene risultati superiori. Quest’anno, per esempio, vola in testa al campionato potendo sì contare su un McTominay fenomenale, ma avendo dovuto fare ricorso spesso a Juan Jesus, Mazzocchi, Ngonge: chissà se avrebbero trovato uno strapuntino per sedersi nella panchina dell’Inter”.