Il Napoli, da sempre all'avanguardia nello sviluppo e applicazione di metodologie di preparazione non ordinarie, per questo ritiro ha capito che vi era la necessità di adeguarsi ad una stagione atipica, in totale antitesi rispetto al passato. Adeguandosi ad altre realtà, la serie A ha deciso di eliminare dal calendario la canonica pausa invernale, per un campionato che per la prima volta verrà disputato senza soluzione di continuità.

Da qui la necessità di lavorare per assecondare nuove esigenze prestazionali e sfruttare il ritiro per abituare gli atleti a diverse sollecitazioni e alle differenze che ne conseguono.

Per una società che ha sempre anteposto la preparazione ottimale a remunerative tournée, che inficiano l'adeguato svolgimento degli allenamenti e minano il corretto ritmo circadiano dei calciatori, questo nuovo approccio potrebbe rivelarsi l'asso nella manica per affrontare una stagione che non ci vede solo in prima fila per riconfermarsi nel torneo nazionale, ma che potrebbe dare al club la possibilità di ottenere la qualificazione alla prima edizione del Mondiale di categoria che si svolgerà negli Stati Uniti nel 2025.

Gli azzurri hanno pressoché l'obbligo di preoccuparsi a lungo termine e non provare ad essere pronti oggi, utilizzando strategie funzionali a rendere i calciatori brillanti nel breve periodo, trascurando cioè la necessità di dover mantenere nel tempo un livello prestazionale adeguato per evitare pericolosi cali e senza la possibilità di potervi porre rimedio nei mesi a venire.

Lo stupore, misto al malumore, per gli affaticamenti muscolari che hanno colpito più di un calciatore seguono proprio questo nuovo indirizzo e sono propedeutici al raggiungimento degli standard desiderati. Non è corretto associare l'affaticamento ad un infortunio, visto che per quest'ultimo si verifica una lesione, mentre è corretto parlare nel nostro caso di un dolore diffuso del distretto sollecitato. Dolore che ha un termine scientifico, DOMS e il cui acronimo si traduce in “indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata”. In pratica questi brevi stop non sono altro che il segnale con cui il nostro organismo ci avvisa di aver raggiunto (e non superato) il limite dello sforzo fisico sostenibile.

Il raggiungimento del limite va visto come l'esigenza che un qualsiasi atleta ricerca quando si compete ai massimi livelli e rilascia preziose indicazioni allo staff atletico e medico per lo sviluppo di piani sempre più personalizzati. Non esiste un metodo più efficace di un altro o meglio per ogni calciatore vanno sviluppati piani individuali in base alla propria fisiologia muscolare e alla capacità di contrazione che deve essere sempre complementare al gesto atletico.

Il Napoli in questa seconda fase della preparazione è passato da allenamenti di sviluppo aerobico, con lunghe sedute e lavoro sui massimali ad una diminuzione dei carichi e alla ricerca dei picchi di intensità. Una fase quindi delicata e che ad oggi non ha portato a nessuna conseguenza evidente, se non ai preventivabili affaticamenti.

Il passaggio da Sinatti al prof. Rongoni ha inoltre rappresentato uno shock muscolare per i calciatori, termine che non va letto nella sua accezione negativa, in quanto la stimolazione attraverso nuove metodologie aiuta sia lo sviluppo ipertrofico (quello che ad esempio ricercano i bodybuilder) o come nel caso di sport come il calcio, la cui natura è aerobica, l'ipertrofia del sarcomero o funzionale, che aumenta la capacità di ogni fibra muscolare di sviluppare forza.

Dopo anni sotto la guida dello stesso preparatore atletico la “memoria muscolare” dei calciatori necessita di tempo per abituarsi ad una nuova metodologia, ma parlando di atleti che competono ai massimi livelli agonistici, questo processo di adattamento fisiologico si svilupperà in maniera non traumatica e senza considerevoli ripercussioni.

La società di De Laurentiis ha negli anni raggiunto un livello di consapevolezza e di preparazione che ha proiettato il club nella élite del calcio mondiale, attraverso lo studio maniacale e l'utilizzo di strumenti avanzati, ma soprattutto avvalendosi della consulenza di professionisti specializzati nel settore. I giudizi superficiali sul lavoro estivo e fantomatici infortuni diffusi lasciano il tempo che trovano e dovrebbero essere almeno accompagnati da qualche evidenza scientifica, cosa che nessun esperto del settore si permetterebbe di produrre. Nulla viene lasciato a caso.