Negli anni '80 imperversava una pubblicità di una marca di detersivo il cui slogan divenne così famoso – oggi diremmo virale – da entrare quasi nel linguaggio comune.

In estrema sintesi, un intervistatore proponeva ad una massaia se fosse disposta a scambiare un fustino del prodotto reclamizzato con due fustini di un’altra marca di detersivi. La risposta dell’intervistata era un netto rifiuto. Il sottotesto era chiaro: quel prodotto era di qualità così alta che lo scambio con altri due non avrebbe avuto alcun vantaggio.

La pubblicità divenne così famosa da essere parodiata da un film altrettanto popolare in quegli anni: "Il Ragazzo di Campagna" con Renato Pozzetto, dove il protagonista, invece, usando il senso comune, accetta immediatamente la proposta, beccandosi i rimbrotti del regista della promozione (“ma scusi, ma lei non cambierebbe mille lire delle sue con duemila delle mie?” protesterà poi a sua volta Artemio, il personaggio interpretato da Pozzetto).

Ecco, il discorso di qualità e quantità, di cosa valga di più nell’immediato o nel futuro, può tener banco anche in queste prime, ma quanto mai cruciali, schermaglie di mercato del Napoli.

La narrazione comune, al momento, vede infatti arrivare Antonio Conte alla corte di Aurelio De Laurentiis con però annessa una richiesta: quella di Romelu Lukaku come bomber chiamato a fare le veci del partente Osimhen.

Tuttavia, se Conte sarebbe certamente un innesto di qualità per gli Azzurri, e per nulla in controtendenza con la gestione societaria che già in passato ha avuto l'allenatore più pagato della serie A (Rafa Benitez) o comunque con uno stipendio considerevolmente alto rispetto al fatturato (Carlo Ancelotti: 5 milioni netti a fronte di 216 di fatturato 2018), i dubbi che accompagnerebbero la punta belga sarebbero ben più marcati.

Non ne facciamo una discussione quantitativa, anche se, assodato che il biennio con Conte in panchina è stato molto produttivo per l’attaccante, è altrettanto vero che quei due anni – già piuttosto datati tra l‘altro – rappresentino una mosca bianca in una carriera corredata da numeri molto meno brillanti.

Ciò che però più lascia storcere il naso è proprio il tipo di acquisto, in totale antitesi con quanto ha sempre rappresentato il Napoli di De Laurentiis, almeno nel mercato dei calciatori: guardare al futuro.

Un ingaggio senza futuro

Lukaku non è un campione in erba che può germogliare, come accaduto a Cavani o lo stesso Osimhen, o come non è invece stato – seppur la linea guida che ha generato i loro acquisti fosse la medesima – per Denis o lo sfortunato Milik, e non è nemmeno quello che è definito, dagli addetti ai lavori ma anche e soprattutto dai dati, un campione già formato ma ancora in fase ascendente di carriera, com’era Gonzalo Higuain.

Va da sé che non sarebbe nemmeno rivendibile, profumatamente, come tutti gli esempi citati. E no, non parliamo di rivendita perché ci piace vincere lo scudetto del bilancio. Serve ricordare che Higuain (e tanti altri) fu comprato grazie alla cessione di Cavani? Che Milik (e tanti altri) vennero acquistati grazie a quella di Higuain?

Quanto varrebbe Lukaku tra due anni? Il rustico Napoli di campagna di De Laurentiis, così come ama vederci il resto d’Italia, riuscirebbe a trovare un club disposto a pagare due fustini in cambio del solo Lukaku?

Noi crediamo di no, e benché, come De Laurentiis, ci piacerebbe molto lavare il prima possibile l’onta di una sciagurata stagione come quella appena passata, riteniamo che la strategia di mercato che il Napoli ha sempre adottato fino ad oggi sia la migliore possibile per avere il proprio bilancio – tecnico ed economico – scevro da macchie pericolose.

 Insomma, non c’è futuro nella scelta di Lukaku, né prossimo né remoto. C’è solo presente, e non è detto nemmeno sia così brillante.

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