Walter Mazzarri, tecnico degli azzurri dal 2009 al 2013, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport dove ha parlato del suo presente e del suo rapporto con il Napoli attuale.

La sua ultima esperienza in Serie A, risale alla stagione 2021-22, quando arrivato a Cagliari a stagione in corso, non è riuscito nell'impresa di salvare i sardi dalla retrocessione. Dopo Napoli, la carriera del tecnico toscano sembrava destinata alla consacrazione. All'Inter non andò come credeva e pagò come altri allenatori passati a Milano in quel periodo una turbolenta gestione societaria. Dopo i nerazzurri, Mazzarri provò a rilanciarsi in Premier League, al Watford. Ma, anche in quell'occasione, l'impatto non fu dei migliori. Soprattutto dal punto di vista comunicativo.

https://youtu.be/WVavYceEfGQ?si=vMz-F48Pg_19R-UF
Siparietto Mazzarri Vidic: "Tu player, io coach"

Walter Mazzarri, intervista al Corriere dello Sport

“Non sono più stressato come un tempo, sono pronto a tornare”, inizia così il tecnico di San Vincenzo.

I quattro anni a Napoli sono stati indimenticabili..

“Da quando c’è De Laurentiis sono stato il più longevo, con lui ho avuto un rapporto bellissimo. E se fosse stato per lui sarei rimasto tanti anni, come funziona in Inghilterra. Però io dissi che dopo quattro anni se non cambi tutti i giocatori diventi prevedibile e pensai quello fosse il momento giusto per andare via”.

De Laurentiis non è proprio un presidente facile…

“Sai che ti dico? Io sono uno stakanovista, quando lavoro sono un martello e mi sono concesso per questo delle pause. Lui i primi tempi mi chiamava alle 6/6.30 del mattino e mi faceva un favore. Alle 9 ero già al campo di allenamento ed il confronto era pieno. Con lui avevamo una sinergia importante”.

Occhio, Walter. Un giorno confessasti che ogni volta che compariva “presidente” sul display del cellulare ti veniva l’ansia…

“Questo non lo ricordo, però è possibile che accadesse nei momenti di maggior pressione. Ogni tanto è necessario fermarsi per riflettere, aggiornarsi. Ulivieri mi diceva: “Ti sembra che il calcio sia sempre uguale, na se non sei attento ogni quattro/cinque anni c’è sempre qualcosa di nuovo”. Aveva ragione. È possibile che avvertissi quindi uno stress particolare visto che prima avevo fatto esperienze minori. Quando arrivai eguagliai subito il record di Bigon di 16 risultati utili di fila, con una squadra che presi al quattordicesimo posto e fu una cavalcata incredibile”.

Vi qualificaste in un girone durissimo con Bayern e City…

“Maggio sbaglió il gol del 4-1 ed a Londra perdemmo ai supplementari, poi il Chelsea vinse la Champions. Quell’anno eravamo tutti esordienti in Champions”.

Era il Napoli di Grava e Cannavaro

“C’era anche Aronica. Erano tutti ragazzi senza un curriculum di alto livello, ma davano il massimo. Avevamo un’organizzazione precisa, tutti facevano la propria cosa. Feci cose buone in quei quattro anni. Ed il feeling con Napoli resiste ancora, mi vogliono ancora tutti bene”.

Lasciatelo dire: cercavi sempre alibi per le sconfitte. Ricordo una frase ormai storica: “e poi iniziò a piovere”..

“Vedi Ivan ho pagato l’antipatia di persone che non vedevano l’ora di attaccarmi. Per esempio all’Inter quell’anno c’era solo il nome perché la formazione non era minimamente competitiva. Oggi non avrei mai accettato, anche se l’Inter è un posto prestigioso. Quando allenì una squadra così importante devi avere una squadra da primi tre posti, altrimenti sei sempre contestato. Fu un equivoco quell’esperienza, anche se feci meglio di altri. Talvolta sento allenatori di squadre importanti accampare molte più scuse di quelle che accampavo io. Alcune etichette ti vengono addossate quando sei costretto a mentire per difendere il gruppo”.

In che direzione è andato il calcio?

“Sono aumentati i tempi morti. Quando allenavo ripetevo che ci volevano i cinque cambi perché certi ritmi erano insostenibili per 90 minuti, e i cinque cambi sono arrivati. Arriveremo al tempo effettivo ed oggi si cerca di uscire sempre con la palla. Tanti allenatori tengono stretti i terzini ed allargano le mezzali, accorgimenti interessanti”.

Qual è il tuo ideale di calcio, ad oggi?

“Il Napoli di Spalletti, beh piace a tutti. Il 4-3-3 a Napoli non l’ho potuto fare perché non avevo i giocatori adatti. L’anno scorso il Napoli ha trovato un’alchimia incredibile. Ha fatto un bel calcio. Il 4-3-3 con tutti i movimenti delle catene di destra e sinistra, i terzini che a volte, invece di allargarsi costruivano da dentro. Tante novità che il Napoli ha assimilato al meglio. Anche Pioli ha mostrato cose nuove al Milan”.

Torneresti a Napoli?

“A Napoli tornerebbero tutti perché è una squadra forte , il club è diventato importante. Napoli è un posto affascinate. Se dovessi avere delle chances di rientrare, mi piacerebbe avere gente disposta a capire il calcio che voglio fare. Mi piace insegnare e migliorare i giocatori, programmare. Chiedo troppo?”

In Italia però chiediamo tutto e subito…

“Scusa, se analizzi il mio Napoli scopri che crescita e risultati possono coniugarsi. Cavani veniva da Palermo, aveva 22 anni, non era esploso e spesso giocava sull’esterno, dicevano non vedesse la porta. L’ho fatto crescere ed è diventato un campione”.

E come lui Hamsik

“Era stato preso dal Brescia due anni prima, non era ancora esploso. Lavezzi uguale, era ancora da formare; lui era croce e delizia visto che era un po’ sovrappeso”.

Dicono che gli allenatori si dividono in due categorie: quelli che lavorano per sè stessi e quelli che lavorano per la società..

“Bravo. Il 99% delle società per cui ho lavorato ha avuto benefici. Per esempio grazie al mio lavoro con Lavezzi e Cavani è potuto arrivare Higuain”.

Così sfiori l’autopromozione…

La carriera parla per me. Ecco perché non essendo tanto simpatico purtroppo non ho avuto quello che meritavo”.

Ho letto che ti saresti proposto al Napoli

“Il Napoli che mi piaceva tanto lo scorso anno me lo sono studiato a memoria. Conosco tutti i movimenti che facevano. Ma finisce qui perché non ho sentito nessuno del Napoli. Sono balle”.