"In un mondo in cui tutto è meschino, in cui tutto sembra privo di valori, con il calcio abbiamo la possibilità di seminare rispetto e dignità per la professionalità, per la passione che genera in noi questo sport".

Chi è Marcelo Gallardo? Ecco, queste parole, tra gli interventi più celebri dell'allenatore, possono aiutare a capire il perchè sia diventato, oltre che un grandissimo del suo ruolo, un simbolo, un'icona, che viene ancora oggi celebrata nelle strade di Buenos Aires, sponda River Plate.

Gallardo nasce nel 1976, a Merlo (Argentina), gracile, minuto, ma con grande padronanza del pallone e notevole intelligenza tattica si fa notare proprio dal River, dove nel 1992 inizia la sua carriera da professionista, nel ruolo - ovviamente - di centrocampista, saranno 109 le presenze nella prima esperienza in maglia biancorossa. Successivamente si trasferisce in Europa, dove veste le maglie di Monaco e PSG, nel mezzo la seconda esperienza al River (2003/06). Nel 2008 passa dal PSG al D.C. United, collezionando solo 12 presenze, per concludere la sua carriera da giocatore torna in Sud America, prima in maglia River Plate, e infine con i colori del Nacional, in Uruguay, dove chiude definitivamente la carriera nel 2011. Si ritira con un ricco palmares: 6 campionati argentini, 1 Ligue 1, 1 Supercoppa francese, 2 Coppe di Lega francese, 1 campionato uruguaiano, 1 Coppa Libertadores, 1 Supercoppa Sudamericana.

Per quanto riguarda il capitolo nazionale, il classe '76 viene convocato dalla Seleccion nel 1994, giocando l'ultima partita in biancoceleste nel 2003, dopo 44 presenze, 1 oro ai Giochi Panamericani, 1 argento olimpico ad Atlanta, ed infine 1 Mondiale under 20.

La storia di Marcelo Gallardo

La storia di Marcelo Gallardo però, è appena cominciata. Pochi giorni dopo il ritiro dal calcio giocato, accetta la proposta, proprio del Nacional, per diventare il nuovo allenatore del club uruguaiano, a soli 35 anni, vince il campionato nazionale, e poi nel 2012 lascia il club. Passano due anni, ed ecco che arriva la proposta della vita, dalla squadra che lo ha formato come uomo, e come calciatore, il River Plate, Gallardo ovviamente non se lo fa dire due volte e accetta, ed il 5 giugno 2014, inizia l'avventura che lo porterà a traguardi neanche lontanamente immaginabili in quel momento. Alla prima stagione vince la prima Coppa Sudamericana, e l'anno seguente arriva la Copa Libertadores, riportandolo dopo 19 anni di digiuno. Nelle successive stagioni conquista tre volte la Coppa Argentina, tre volte la Recopa Sudamericana, due volte la Supercopa argentina, una volta la Coppa Suruga Bank, il Trofeo de Campeones, e infine, la seconda Copa Libertadores della sua gestione, nel 2019 diventa l'allenatore più vincente della storia del club. Nel 2021, dopo numerosi tentativi, riesce ad imporsi anche nel campionato argentino, nel 2022 saluta, lasciando il club alla scadenza del contratto, dopo nove stagioni, ben quattordici titoli, e soprattutto la finale di Libertadores vinta contro gli eterni rivali del Boca Juniors, nella "Finale Eterna" del 9 dicembre 2018, nella fantastica cornice di un Santiago Bernabeu gremito.

La sua impronta a Buenos Aires è inappuntabile, amato e idolatrato da una tifoseria intera, e onorato di una statua che lo ritrae sollevare la Copa Libertadores, appena fuori il Monumental, stadio dove lui e i suoi ragazzi, hanno scritto la storia del calcio sudamericano del recente passato. Ma tatticamente, cosa ha lasciato, e cosa si può portare nelle prossime esperienze, il tecnico argentino? La prima risposta, tanto sintetica quanto efficace, è quela di Juanfer Quintero, che dopo le lacrime all'ultima apparizione di Gallardo al Monumental da allenatore, pronuncia tre parole, che sono il simbolo della cultura che ha riportato in auge questo club: "Ganar, golear y gustar" ("Vincere, segnare e divertire").

Il calcio fluttuante di Marcelo Gallardo

La seconda risposta, più complessa, ma altrettanto efficace, è rappresentata da quello che Gallardo ha portato sul terreno di gioco, un calcio, come definito anche da un suo grande estimatore come Pep Guardiola, fluttuante, ma perchè questa definizione? Con il River di Gallardo, i moduli, i ruoli, i compiti, sono relativi e parzialmente inefficienti a spiegare ciò che realmente interessa, la sua filosofia calcistica.

La parola fluttuante, usata da Guardiola, sta a significare un calcio in continuo movimento, in argentina nessuno sa rispondere alla domanda "Con che modulo giocava il River di Gallardo?", la risposta è "tutti", unico credo da portare sempre in campo, quello invariabile, il pressing alto, l'intensità e i continui triangoli creati a centrocampo sfruttando gli esterni. Guardare la sua squadra è come guardare un corpo unico, formato da dieci pedine, che con movimenti armonici allargano e rimpiccioliscono il campo a loro piacimento. Andiamo ora con delle immagini, a descrivere quanto appena detto, in situazioni offensive diverse, proprio a testimonianza dell'eccezionale adattabilità del suo sistema:

Recupero alto del pallone, uscita in orizzontale passando dai due centrali, e poi posizioni che ruotano sugli esterni e grande adattabilità all'avversario: in questo caso la squadra avversaria sta bassa, cercando di creare densità al centro per sporcare le linee di passaggio, ed è qui la geniale lettura, difensori alti per tenere impegnate le punte, il vertice deve essere basso per togliersi dal traffico a centrocampo, e quindi si posiziona tra i due centrali, a quel punto le due mezz'ali girano palla in attesa dell'uscita di un uomo avversario, ed ecco il famoso triangolo di cui si parlava, mezz'ala-punta-esterno, con i laterali che senza toccare palla rappresentano comunque un elemento fondamentale per allargare il campo, e una volta scaricato il pallone, parte l'occupazione dell'area, con le due mezz'ali a rimorchio al limite, di seguito lo sviluppo di questa azione:

Ma andiamo a vedere un'altra situazione offensiva, e un altro concetto che Gallardo ha voluto fortemente applicare al suo calcio, quello della "piramide invertita":

Invertita perchè se si confronta questa azione con quella mostrata in precedenza i principi sono gli stessi, ma questa volta noteremo che la costruzione non viene fatta partendo dal vertice basso, ma da quello alto, dietro la punta, da notare che la partita è la stessa, dettaglio non da poco, che simboleggia proprio la velocità di adattamento di questo sistema, in questo caso infatti gli avversari non erano bassi a metà campo, allora Gallardo decide di sacrificare un uomo in attacco, lasciandolo in inferiorità numerica in mezzo a tre, e guadagnarne uno a centrocampo, infatti crea un tre vs tre in mezzo al campo, che però diventa presto un tre vs quattro, con l'esterno che sale senza palla:

Lo sviluppo nasce dal fatto che avendo il vertice alto hanno costretto per forza di cose gli avversari a rimanere uomo su uomo, ed è qui il vantaggio dell'inferiorità numerica in attacco, in questo modo come vediamo il pallone arriva all'esterno che sale dal lato opposto, giropalla orizzontale e occupazione nuovamente dell'area.

Gallardo è una case history

Sistema e idee stimate e studiate ormai da molti colleghi, a testimoniare una celebre frase di Sabella, suo mentore, che su Gallardo risponde "se volete saperne di calcio, dovete spaccare in due la testa di Gallardo: ci troverete un'enciclopedia calcistica illustrata", non ci si poteva aspettare qualcosa di troppo diverso da uno che parla della sua professione così: "Sono qui per potenziare il cervello di ogni giocatore, portare al massimo i loro limiti mentali".

Il suo calcio oltre i quattordici titoli, ha prodotto numeri da fantascienza, 0.6 gol subiti e oltre 12 partite di media con porta inviolata, oltre i 2 gol fatti per partita, e una media del 60% di possesso palla, per un allenatore che fa di questo sport una ragione di speranza, per un popolo come quello di Buenos Aires, che aveva bisogno di qualcosa in cui credere, ed el muneco gliel'ha dato: "La gente adesso crede, perchè ha qualcosa in cui credere".


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