A me piace giocare.

Il problema è che molti amici e familiari non vogliono giocare con me. Si è sparsa una falsa diceria, che mi porto dietro da troppi anni, che si può riassumere nella frase che spesso mi viene detta a muso duro: “Vuoi sempre vincere!"

Non è vero. Non è mai stato questo il mio obiettivo. Era sbagliato il verbo. Non voglio sempre vincere. Io voglio sempre competere, che è molto diverso come concetto.

Sono sempre stato competitivo, sin da piccolo, indipendentemente dal contesto, dagli avversari e dai giochi. A calcetto come a pallavolo, nei giochi da tavolo come al fantacalcio, contro dei pari età oppure no, uomini o donne, a me piace la competizione e sono intransigente solo su una cosa: la lealtà. Sì, sono uno di quelli che, se un altro la butta sul “vogliamo solo divertirci”, inizia a protestare. Perché giocare è una cosa seria.

Anche a scuola mi capitava di giocare. Alle elementari, la maestra spesso soffiava sul sacro fuoco della competizione organizzando periodicamente delle gare. Le più gettonate erano due: la gara di tabelline e quella di coniugazione dei verbi. Era un modo per allenare la nostra mente, insomma.

Io non volevo vincere, ma competere e, sperabilmente, anche vincere.

Se sulle tabelline, oggettivamente, non avevo rivali, i match sui verbi erano più equilibrati. In particolare uno e uno solo era il nome del mio avversario: Ludovico, che era anche il cocco della maestra.

Questa leggera preferenza comportava delle piccole ma decisive differenze durante la gara. Se si beccava Ludovico, noialtri eravamo consapevoli che avremmo dovuto rispondere a domande mediamente più complesse di quelle poste a lui. Un esempio? Era improbabile che a Ludovico venisse chiesto il passato remoto di un verbo irregolare. Riceveva domande più facili, ma non troppo da destare sospetti. Nessun presente indicativo quindi – che poi avrebbe reso degne di veridicità le nostre eventuali rimostranze –  ma… un bel futuro semplice. Del resto anche la parola stessa del tempo suggeriva un impegno non improbo. E Ludovico rispondeva. E a volte vinceva così, percorrendo la strada più semplice.

Ludovico il Moro

Ecco, l’Inter di oggi è come Ludovico. Ha costruito il suo successo sul futuro semplice.

Sui pagherò, solverò, assolverò, pareggerò (il bilancio), costruirò, venderò, salderò, rispetterò.

Nessuno vuole mettere in discussione l’operato dei vari dirigenti, che hanno dovuto comunque barcamenarsi tra vari paletti legali, ma è altrettanto indubbio che i tanti titoli che i nerazzurri hanno vinto negli ultimi anni sono stati resi possibili dal poter comprare, per poi rivendere e comprarne altri, giocatori “letteralmente” con soldi non del club. Il megaprestito ricevuto dal fondo OakTree (e non rimborsato alla scadenza dal signor Zhang) è esempio lampante. Parafrasando un vecchio proverbio, l’Inter ha preferito l’uovo alla gallina, soltanto che sua non era la gallina, e forse nemmeno il fattore.

Chiaramente l’Inter non è il solo club che sfrutta questo sistema che da sempre usa regole più o meno restrittive a seconda di quanto sia blasonato il club che le viola; è soltanto uno dei tanti esempi, il più immediato in questo momento, ma ne potremmo citare altri in Italia come in Europa.

Ed è un peccato, perché ieri sera abbiamo assistito ad un trionfo di una squadra e di un club, l’Atalanta di Gasperini, che a differenza dell’Inter (e al netto di manovre un po’ troppo amichevoli con una certa Juventus…) vede il futuro come un qualcosa da costruire attraverso un presente robusto, fatto di scadenze da rispettare, di veri soldi da investire, ma senza mai fare il passo più lungo della gamba. Volete un altro esempio? Il Napoli, certo.

Ecco, se alcune società come l’Inter non avessero fondato il proprio club sul futuro semplice, sarebbe stato più semplice – perdonate il gioco di parole – per altri club, altrettanto competitivi ma più ligi alle regole, trasformare i loro passati –prossimi e remoti – fatti di investimenti e di galline in presenti vittoriosi.

 Avrebbero imparato prima a coniugare il verbo vincere in tutte le sue declinazioni, modi e tempi, futuri semplici e futuri anteriori.

Purtroppo, per ogni Atalanta e Napoli che prova ad imparare le regole in tutte le loro declinazioni, ci sarà sempre un Ludovico che, complice una maestra compiacente, avrà una strada più semplice per arrivare al risultato.