"Perché sei stata l'estate migliore della mia vita"...

Pinguini Tattici Nucleari, La Storia Infinita

Un colpo di tosse.

Due colpi di tosse.

Ma che sfac...

"Aliseee! Ricomponiamoci!"

Quasi dimenticavo. Ero in classe.

Gli occhi violacei da giorni, la voce di Thomas Bangalter dei Daft Punk ma senza effetti, l'incapacità di percepire i sapori nitidamente da quando l'aria della provincia napoletana, già nota per la sua pulizia, aveva cominciato a tingersi d'azzurro.

Solo gli stolti, però, si lasciano ingannare dai sensi.

L'aria era già azzurrissima da tempo e percepirlo fu inevitabile anche per chi viveva in funzione di quel pezzo di storia, timido per esternare le proprie emozioni prima della matematica ma pronto a danzare sfrenato al ritmo d'una gioia ansimata per trentatré anni.

Avevo conservato i giorni d'assenza. Frequentavo con la febbre, con il raffreddore, con tre o trentatré gradi - al netto delle interrogazioni di greco -, preparato o impreparato.

E infatti il mese di maggio non mi vide mai tra i banchi di scuola. Mi vide nudo nelle acque di Mergellina, seminudo intento a tenere sulle spalle gli amici di una vita a notte inoltrata, ebbri di libertà e non solo; mi vide piangere tra le braccia di persone che non ho più rivisto e pure tentare discutibili mosse di approccio-riapproccio perché "oh la vita è una sola e il Napoli è campione d'Italia".

Ma no, a scuola non mi vide proprio mai. Fatta eccezione per le prove invalsi, che avrei dovuto fare obbligatoriamente.

Detto fatto: in condizioni impresentabili, con una laringite curata male e sviluppatasi peggio, due ore di sonno nell'ultima settimana e la palese inadeguatezza a un contesto sociale di ordine e serietà, ero tra i banchi venti giorni dopo l'ultima volta. Per l'ultima volta.

Il tempo volò e quasi mi dispiacque, volò con il desiderio ossessivo che tutto quel vivere diventasse un ricordo.

Ma stava iniziando l'estate migliore della mia vita, o forse era già iniziata: perché estate vuol dire libertà e libertà non è per forza giugno-luglio-agosto-settembre.

L'estate più bella della mia vita: il quadernino

"Non puoi togliere i noccioli dall'anguria"

Chiello, Pietra di Luna

Da bambino amavo estirpare minuziosamente ogni minuscolo nocciolo dall'anguria pur di gustarmela per bene, salvo poi sbrodolarmi sino all'ultimo brandello di pelle. Per un po', ne ho ingoiato i semini.

Crescendo, ho smesso di mangiare l'anguria. Un po' per fastidio, un po' perché il gioco non sembra valer più la candela. Pagherei, però, per tornare ai momenti di purezza in cui apprezzavo l'anguria proprio per i suoi noccioli. Quando il Napoli arrivava sempre a tanto così e io, lillipuziano com'ero, annotavo nervosamente i nomi di coloro che si facevano beffe di me, di noi come squadra che mannaggabubbà ci mancava sempre qualcosina per l'obiettivo, il sogno, il delirio.

Già, quel quadernino. Custodito gelosamente da quando ero soltanto un bambino che annotava i nemici, gli antagonisti d'una favola che prima o poi sarebbe arrivata ad un lieto fine. Una lista di nomi che negli anni è arrivata a contare ben 76 persone, del mio quotidiano o meno, tutti di fede strisciata o romana. Campeggiava altissimo nella schiera di rivali il nome di un mio zio interista, scritto teneramente quando avevo appena appreso dell'esistenza del corsivo, seguito da una maestra di matematica delle elementari e via via percorrendo l'evoluzione della mia sfera sociale. Una volta ritrovato il prezioso manufatto, a sorprendermi non fu tanto la lista dei nomi, tenuti ben a mente uno per uno, quanto la differenza grafica tra il primo e l'ultimo nome della lista.

Lo avevo fatto per dieci anni. Dalla prima elementare al secondo liceo. Pelle d'oca.

E adesso che ero lì, intento a liquidare ogni dibattito con "vabbé siamo i Campioni" o "partiamo venti punti avanti", con un sorriso capace di penetrare anche gli intrinsechi e ragionevoli dubbi sulla campagna acquisti in corso e la frase "uomini forti destini forti" incisa sul costato in bella vista, non facevo altro che pensare a quanto quel bambino sarebbe stato orgoglioso di me, di noi, per non aver mai smesso di crederci. E a quanto l'avrebbe fatto impazzire quella maglia, limpida come la sua anima e arricchita da un tricolore che mai sembrò così luminoso.

Si, meritavo di vivere l'estate migliore della mia vita come un privilegio, senza affannarmi troppo per ciò che sarebbe stato.

L'estate migliore della mia vita: la disillusione

..."Sembrava la storia infinita e forse era solo la felicità"

Un'estate intera passata a rimirare le fantasmagoriche evenienze di qualcosa che ormai non c'era più: Il Napoli Campione era già morto. Era già un ricordo, ma non me ne farò una colpa, perché spesso tra sogni e ricordi non ci passa tanto, anzi. Un anno che poi c'avrebbe fatto pagare tutta quella sufficienza, quella spensierata ed erculea superficialità, quella dei più forti e al contempo dei più fragili. L'innocenza di chi è troppo pigro per svegliarsi da un sogno così bello da finire per idealizzarlo sino allo sfinimento, sino ad annichilire sé stessi.

E cosa mi resta dell'anno passato? Cosa mi resta dell'estate migliore della mia vita?

Nient'altro che il valore incommensurabile acquisito da quegli attimi leggendari, arricchito anche - paradossalmente - dalla maggior beffa che si possa associare ad un sogno così profondo: la disillusione di un brusco risveglio.

Con l'augurio che la disillusione possa essere la miccia per l'ardere d'una nuova fiamma di rivoluzione, di speranza, di tenera e spensierata libertà.

Tutta da annotare sul quadernino.