In questi giorni di trambusto – che sinceramente mai avremmo pensato di raccontare data la straordinarietà della stagione del Napoli – riteniamo che ci sia stata diversa disinformazione che, come naturale conseguenza, ha prodotto confusione. Quest’accoppiata ha fatto sì che molte persone forse non abbiano ben compreso l’evoluzione dei fatti e la logica di causa ed effetto dalla quale essi derivano, e che quindi possano essersi fatte delle idee basate su premesse sbagliate.

Per questo motivo abbiamo pensato di fare una ricostruzione degli ultimi eventi che sono sfociati poi nella triste immagine di Napoli e del Napoli di domenica sera.

I gruppi ultras del Napoli

Partiamo dall’inizio: gli ultras del Napoli. Ecco, già questo è un punto spinoso perché dire “ultras” è una generalizzazione grossolana, dato che all’interno del mondo ultras vi sono differenti gruppi, ognuno con la propria storia, i propri leader, la propria curva di appartenenza, il settore occupato all’interno della curva stessa e, a volte, anche il proprio orientamento politico. Ecco, come similitudine, potreste immaginare proprio una coalizione politica alla quale afferiscono diversi partiti: hanno diversi punti d’accordo sulle linee generali, ma anche differenze interne sostanziali.

Nel Napoli i gruppi ultras sono diversi, a volte nascono e muoiono nel giro di pochi anni, altre volte si fondono tra di loro oppure uno incorpora l'altro, come accade per le imprese insomma. Giusto per darvi qualche nome, tra quelli più riconosciuti ci sono i Fedayn e gli Ultras72, che occupano la curva B, o i Mastiffs che invece stazionano in curva A (il famigerato Genny 'a Carogna era dei Mastiffs).

Il primo punto è dunque il seguente: quando parliamo di ultras parliamo di una categoria eterogenea.

Il seme della discordia fra i gruppi ultras

Nel caso specifico degli ultras del Napoli, un'altra recente quanto cruciale distinzione è stata la scelta se tesserarsi, ovvero se acquistare la fidelity card, la "tessera del tifoso", sulla quale bisogna immettere i propri dati anagrafici e che ormai sta diventando sempre più strumento necessario per assistere alle partite del Napoli (non lo è ancora del tutto).

C'è disparità di vedute. Da un lato i tesserati Ultras 72, che hanno scelto la via della sottoscrizione di massa per poter continuare a presenziare anche in trasferta e non correre il rischio che qualche componente del gruppo si trovasse senza tagliando data la richiesta enorme per la vendita libera e visto che tra loro vige la regola del o tutti o nessuno, diffidati esclusi. Dall'altro i Fedayn, che hanno scelto invece di non tesserarsi. In Curva A invece pare che sia stata data libera scelta a ciascun membro. (update: il giorno 05/04/2023 un rappresentante di tutti i gruppi della Curva A ha comunicato ad un'emittente radio napoletana che tutti i gruppi della A si sono tesserati a inizio stagione.)

È chiaro però che l'adozione di comportamenti diversi dinanzi a questo tema pone un seme di discordia in seno al mondo ultras di cui dovremo tener conto.

La falsa questione delle bandiere

Premesso ciò, passiamo allo specifico dell’accaduto e svisceriamo una prima grossolana balla che da tempo circolava e che, grazie anche alla nostra Testata che per prima ha mostrato l’uovo di Colombo, è stata smentita: non vi è nessun divieto formale all’introduzione di materiale coreografico all’interno del DAM. Semplicemente vi è una procedura di registrazione – che vale anche per le tifoserie ospiti ed allo stesso modo vale anche in altri Stadi italiani – con la quale comunicare in anticipo detto materiale nonché il responsabile fisico, la persona insomma che lo porterà all’interno e che si assume quindi gli oneri e gli onori di quanto reca con sé.

Tutto all’insegna della trasparenza: Pasquale, Anna, Antonio, l’ingegnere di 40 anni, lo studente universitario di 20, il nonno, il nipote, la donna in carriera, il tifoso ultrà, chiunque insomma, è libero di portare la sua bandiera, purché compili un modulo, invii la mail alla società (tutto è reperibile sul sito del Napoli) e riceva via mail l’autorizzazione. Chiunque.

In particolare per i gruppi, tale richiesta dev'essere espletata a inizio stagione soltanto, a meno che il materiale non cambi. In quest'ultima evenienza, se abbiamo ben interpretato il regolamento d'uso, bisognerà fare una nuova richiesta.

Allora perché gli ultras dicono che ciò in realtà non è più possibile?

Perché esiste la logica causa-effetto.

Cosa è cambiato a gennaio

In particolare, alla parola “causa” bisogna associare gli eventi dell’8 gennaio 2023, ovvero gli scontri lungo l'A1, all'altezza di Badia al Pino, fra ultras napoletani e romanisti.

Attenzione: come vedete abbiamo usato la parola “ultras”. Abbiamo generalizzato. Perché lo abbiamo fatto? Perché, al momento, nemmeno noi sappiamo esattamente quali siano stati i gruppi coinvolti negli scontri. Le Questure (di Napoli e Roma) invece dovrebbero saperlo. Ce lo auguriamo.

A ruota sono poi arrivati gli scontri di Francoforte fra gli stessi tifosi del Napoli– in questo caso pare acclarato che i gruppi coinvolti siano stati quelli dei Fedayn e degli Ultras72 – e, dulcis in fundo, la guerriglia di Napoli che ha preceduto il match di ritorno contro l'Eintracht e che ha coinvolto l’intero mondo ultras.

In conseguenza di ciò e del divieto di trasferta comminato a tutti i tifosi napoletani, la Questura e la SSC Napoli, di concerto, hanno deciso di porre anche il divieto a tempo indeterminato di introdurre il materiale coreografico negli stadi a tutti gli ultras, ritenuti come responsabili di un comportamento che ha cagionato un danno alla società e a tutti gli altri tifosi. In parole povere il ragionamento è stato: l’atteggiamento sconsiderato (a voler esser magnanimi) degli ultras ha prodotto dei danni a tutti, anche persone estranee ai fatti, mentre è giusto che la punizione sia “ad personam”, anzi, “ad gruppam”, se ci concedete la licenza.

Ecco quindi spiegato il bivio che si è creato: quel modulo che Pasquale ed Antonio possono ancora compilare se sono un ingegnere o uno studente, è quindi di fatto diventato inutile se i due sono anche affiliati ad un gruppo ultras del Napoli.

 Da quel che sappiamo, il divieto è stato esteso a tutti i gruppi. Quel che non sappiamo, ripetiamo, è quali di questi fossero stati effettivamente coinvolti negli scontri sull'A1. Se sia dunque giusto estendere il divieto a tutti i gruppi è un tema sul quale ci può essere dibattito. Non ci può essere invece, a nostro parere, sul fatto che altre società coinvolte, la Roma per esempio riferendoci agli scontri di gennaio, non abbiano fatto altrettanto nei riguardi dei loro tifosi. La teoria del benaltrismo, del dire "lo fanno tutti quindi perché punite soltanto noi?" da noi non riscontra proseliti e soprattutto siamo persuasi che chi ci legge non l'abbia applicata, per esempio, al caso plusvalenze che coinvolge la Juventus. Teniamo però presente che i gruppi che presumibilmente erano presenti allo scontro, dato che erano in trasferta, potevano essere soltanto quelli tesserati.

Il punto di (non) risoluzione

Tuttavia, a questo punto, si apre una breccia, sulla quale si potrebbe lavorare per il tanto auspicato compromesso tra le parti: perché un affiliato di un gruppo che però non ha partecipato agli scontri dovrebbe essere punito? A noi sembra ragionevole punire soltanto chi si è reso protagonista di quegli episodi. Anzi, la punizione dovrebbe esser ancor più individuale, se possibile. Anche perché lo scopo del nostro articolo non è demonizzare tout court il tifo ultras, che si è reso protagonista anche di comportamenti lodevoli, quale la recente iniziativa di ripagare quei negozianti colpiti dalla furia dei tifosi tedeschi attraverso una giornata organizzata di "consumazione obbligatoria" , oppure anche la protesta contro la società di domenica pomeriggio fatta fuori lo stadio, civile e di sostegno comunque alla squadra.

Tuttavia, stringendo il discorso, non possiamo far altro che notare che, alla fine, il nodo cruciale resta quello: alla base dell’introduzione dei materiali vi è sempre e comunque la procedura di identificazione personale, ovvero la stessa che è alla base dell’ottenimento della tessera del tifoso, la cui negazione è punto cardine di qualsiasi gruppo ultras napoletano, fatta eccezione degli ultras72 come detto, unico gruppo tesserato (e probabilmente non a caso scontratosi più volte con i Fedayn, fieri sostenitori del "no alla tessera").

Siamo quindi ritornati al punto originario e quindi riassumiamo le conclusioni:

  1. Non è corretto affermare che gli ultras protestino per i prezzi alti delle partite: se così fosse non è comprensibile perché si sobbarchino le spese di trasferta + biglietti annessi per una qualsiasi partita del Napoli in Italia o in Europa. Il prezzo superiore rispetto alla media media per un match di importanza epocale non possono costituire una discriminante. Verrebbe poi spontaneamente da chiedersi perché, per esempio, non si sollevano strali di sdegno per gli astronomici costi dei parcheggi, abusivi e non, durante quegli stessi match.
  2. Non è corretto affermare che protestano per l’introduzione di materiale coreografico, poiché quest’ultimo, come spiegato, è permesso, purché preceduto da una richiesta di autorizzazione.
  3. Non è corretto – e qui siamo al banale – che protestano per le famiglie e per tutti i tifosi, dato che quest’ultimi sono coloro che hanno dovuto assistere, con tanto di bambini in lacrime e traumatizzati al punto da non voler più tornare allo Stadio (ci sono testimonianze oculari plurime), allo spettacolo indegno di una decina di cani sciolti in passamontagna (abbigliamento sicuramente d’uso in Aprile a Napoli) che attraversano mezzo settore per menarsi.

Non è vero, in conclusione, che lo fanno per il Napoli. Perché, se esistesse una Costituzione della Fede Azzurra, essa avrebbe come primo punto indiscutibile: “La maglia si tifa sempre e comunque”.

Loro domenica sera hanno contraddetto il primo punto. Il più importante. Hanno tradito la Costituzione che verbalmente hanno ideato loro stessi.

E nella logica del tifoso non c’è – o meglio: non dovrebbe esserci – reato peggiore.

Concludiamo sperando, come tutti, che almeno nell'immediato si trovi una soluzione perché un dato è certo: quello che è successo domenica sera e che è stato visto in tutto il mondo (questo weekend era presente – a CastelVolturno prima e al DAM – poi una troupe della CBS, emittente americana, per un reportage sul Napoli) non ha fatto che rafforzare la lente del pregiudizio con la quale noi napoletani siamo spesso guardati e che, faticosamente, anche attraverso il calcio, stavamo provando ad eliminare.