Non c'è peggior sordo di chi non vuole ascoltare. All'alba del 2024, la cocciutaggine da ignoranza - intesa come ignorare - è inammissibile specialmente quando si fa comunicazione o informazione. La Superlega della UEFA è oramai necessaria: è l'ultima arma a disposizione del calcio europeo per difendersi dalla sempre più crescente Saudi Pro League.

Tuttavia, parlare di Superlega in maniera corretta è diventata utopia, ultimamente. A causa del famoso golpe in quell'aprile 2021, quando si nomina questa parola sembra si stia parlando del demonio. Ciò che era sbagliato di quel progetto partorito dalle menti di Andrea Agnelli, Florentino Perez e Joan Laporta, non era tanto l'idea di un super torneo che vedesse coinvolti i maggiori team europei, quanto i criteri di accesso allo stesso. Alla fine, la defunta SuperLeague di A22 era soltanto un escamotage per attirare sponsor e quindi cercare di risollevare i bilanci disastrosi di alcuni club: di meritocratico non c'era nulla. Si trattava di un tentativo disperato. Dell'ultimo giro di violino prima che il Titanic affondasse.

Rendere la Superlega un circolo privato per pochi eletti è una cosa assai diversa dal creare un torneo dove l'accesso è regolamentato dal merito sportivo. D'altronde, lo stesso Presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ne parla oramai da anni. Un torneo dove la partecipazione è dettata dal piazzamento nei campionati nazionali o dal ranking UEFA degli ultimi anni è cosa diversa dall'imposizione di tenere la quasi totalità dei posti disponibili ad appannaggio dei soliti club. Ben venga, quindi, un nuovo torneo continentale. Ma non con le formule alle quali tutto il mondo del calcio, salvo qualcuno, si è duramente opposto.