Da quando i social hanno dato voce a tutti, al Napoli è stata affibbiata più di una volta l'etichetta della "bancarella del torrone" o di una salumeria a conduzione familiare.

Ma, controllando attentamente, quali sono i numeri di questa salumeria?

Partiamo innanzitutto dal numero di figure dirigenziali. Benché sia difficile da credere per qualcuno, sembra che l'SSC Napoli sia una delle salumerie più sovradimensionate d'Italia, avendo un numero di dirigenti nell'ordine di grandezza di club come Milan, Juve, Inter e Roma; e con un numero di dirigenti maggiore rispetto a Atalanta, Lazio e Fiorentina.

Fonte bilanci al 30 giugno 2022. Numero di Dirigenti:

  • Inter:19
  • Milan:15
  • Juventus: 14
  • Roma: 13
  • Napoli :12
  • Fiorentina: 5
  • Lazio: 2
  • Atalanta :1

Ancora più sorprendentemente, l’efficienza di questa società sta nel vantare un telaio di operai, quadri e dirigenti snello ma perfettamente funzionante senza caterve di middle-managers, che è di numero superiore fino ad un 20% a club come Atalanta e Lazio e solo il 30% rispetto a Fiorentina e Milan.

Chiaramente fuori scala Inter e Juventus che all’interno della società vantano strutture come J-hotel e J-Medical (poi, all’intelligenza del lettore è lasciata la valutazione di quanto valga la pena avere 50 tra dirigenti operai e quadri, ovvero il 20% , per una struttura come il J-hotel che è responsabile per solo lo 0,3% dei ricavi!)

Numero totale di Dirigenti, Operai e Quadri:

  • Roma 115
  • Fiorentina 97
  • Milan 97
  • Napoli 58
  • Atalanta 48
  • Lazio 42
  • Inter +250
  • Juve +250

Ora, dopo aver controllato quanta gente lavora in questa presunta bottega, spostiamoci dietro il bancone e proviamo a mettere le mani all'interno del registratore di cassa. Spulciando il libro mastro, scopriamo che il "burbero" proprietario, al 2023, ha reinvestito ben il 96% di tutto ciò che è stato generato dal club dal 2004 in calciatori (dato emerso dall'analisi di Fabrizio Vettosi, managing director di Vsl Club Spa Investment & Advisory, per Calcio e Finanza).

A riprova di ciò, utilizzando il portale Transfermarkt, possiamo notare che il Napoli, dal 2007/08, è la quarta squadra che ha speso di più sul mercato (più della Roma, passata per le mani di tre differenti tycoon multimiliardari).

E per chi pensa che il Napoli abbia solo reinvestito i soldi delle cessioni, è interessante notare che nello stesso periodo di tempo il club è terzo in classifica anche per saldo negativo di calciomercato (-394,88 milioni). Questo significa che il Napoli ha quasi sempre dirottato parte dei soldi generati dai ricavi per fare mercato.

Ma aldilà dei risultati economici, quali sono stati i risultati sportivi?

Tra i successi sportivi annoveriamo:

  • Seconda squadra per punti in Serie A degli ultimi 15 e 10 anni
  • 13 qualificazioni alle coppe europee consecutive
  • 1 scudetto
  • 3 Coppe Italia (50% di tutte quelle vinte dal Napoli)
  • 1 Supercoppa Italiana (50% di tutte quelle vinte dal Napoli)

E mentre sul campo accadeva tutto ciò, nella società passavano quattro tra i più forti attaccanti delle rispettive generazioni (Cavani, Osimhen, Mertens, Higuain), due tra i centrali difensivi più forti del mondo (Koulibaly, Kim) e tanti altri calciatori fortissimi, allenati da altrettanti allenatori di nome e grande talento (Ancelotti, Benitez, Sarri, Spalletti) a loro volta coordinati da talentuosi e volenterosi dirigenti, tra cui Pierpaolo Marino, il tanto vituperato Bigon (oggi consulente tecnico del City Football Group) e Cristiano Giuntoli, attualmente alla Juventus.

Mica male per una salumeria, vero?

Scherzi a parte, come si può ben capire, il Napoli è la cosa quanto più lontana possa esserci da una bottega a conduzione semplice, anzi è una società serissima che ha affrontato già tre cambi di paradigma: business to consumer alla sua rifondazione, business to business dall’arrivo in Serie A dei diritti tv e media company nell’era moderna.

Ha fatto tutto senza far avvertire ai propri tifosi mai troppe turbolenze, anzi senza che questi se ne siano accorti. Troppo impegnati ad addossare al club anche colpe di criticità che in realtà sono sistemiche.

Come la mancanza di uno stadio di proprietà (che necessiterebbe del tempo per andare a break-even e in cui l’area commerciale è un must in tutti gli studi di fattibilità per avere ritorno degno dell’ investimento); mancanza di strutture di allenamento importanti ma che ad oggi, se realizzate, si andrebbero a iscrivere solo alla voce costi.

O di mancanza di investimenti nel settore giovanile, nonostante su questi non esistano veri e propri studi (e no, le accozzaglie di dati pubblicate dal CIES, dove vengono riportati solo i ricavi senza utile e senza contesto, non sono considerati studi) che dimostrino una qualche sorta di risparmio nella “costruzione in economia” dei calciatori.

Il Napoli è un modello di business in continua evoluzione, mai statico: né finanziariamente, né tecnicamente. Si muove con poco margine d'errore per come strutturato e molto spesso l'oculatezza di alcune sue scelte stridono con la visione passionale del tifoso la cui soddisfazione è al centro della mission aziendale, come dimostra il flusso enorme di investimento sul parco calciatori.

Il Napoli è una macchina moderna con competenze delineate e ruoli ben definiti. Attorno alla quale girano troppi luoghi comuni. Falsi storici dai quali la narrazione fatica a distaccarsi. Ma i numeri sono lì. E le chiacchiere restano a zero.

https://youtu.be/FvB3Hk-YRAo?si=YA5VfzmBrQ_-vI6H
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