Non riuscirete mai a convincere uno scimpanzé a darvi una banana promettendogli che nel paradiso delle scimmie, dopo la morte, avrà tutte le banane che vorrà.

Questa frase è tratta da un saggio dell’evoluzionista israeliano Yuval N. Harari, intitolato “Da animali a Dei” e serve per introdurre una teoria che mi è balenata in testa quando ho visto la recente intervista che Evelina Christillin, membro del Consiglio Fifa e da sempre considerata persona molto vicina alla famiglia Agnelli, ha rilasciato ai microfoni della Domenica Sportiva.

Ma andiamo con ordine.

Con quell’esempio, Harari introduce un concetto molto semplice: l’uomo è l’unica specie vivente capace di usare l’immaginazione. Di più: attraverso di essa, o in suo nome, è in grado di creare intere comunità. Pensate all’idea di Nazione, i cui confini in fondo sono nati nelle nostre teste prima di essere tracciati su carta. Oppure al denaro, che ha valore solo perché noi glielo assegniamo. O, ancora, alle divinità: abili a creare in noi sensi di colpa o promesse di eternità.

Se parliamo di Calcio, questa a teoria è ben descritta dalla fede che lega un tifoso alla sua squadra.

Ed ecco che, a gamba tesa, interviene una frase della Christillin – quella che più mi ha colpito – in mezzo alle tante che ha pronunciato come spade pendenti sulla testa della disastrata Juventus, ed è la seguente:

Difficile che un bambino di 10 anni diventi juventino dopo una botta del genere

Ora non posso fare il processo alle intenzioni, è possibile che la Christillin volesse riferirsi all’onta che l’ormai ex dirigenza ha prodotto sul nome della squadra più potente d’Italia, ma mi piacerebbe spingermi un po’ oltre.

Il Calcio è diventano ormai una forma di business legato allo spettacolo. Di conseguenza deve essere trattato come tale. Così come un film al Cinema è considerato di successo se raggiunge cifre elevate al botteghino, allo stesso modo una squadra di calcio ha successo se produce denaro. Come lo produce? Attraverso il proprio bacino di utenza. In parole povere: più tifosi ha una squadra, più soldi entrano nelle casse.

E quali sono i meccanismi che portano una persona a scegliere, da bambino, una squadra piuttosto che un’altra? Se provate a porre questa domanda al vostro amico o collega, scoprirete che le risposte sono essenzialmente tre: A) per motivi di territorialità; B) per ereditarietà da un genitore o un parente stretto; C) il più semplice di tutti: si sceglie la squadra che in quel dato momento storico… vince.

La Juventus è un esempio lampante: è senz’altro una squadra priva di una territorialità radicata ed ha tifosi sparsi in tutta Italia – principalmente in Italia meridionale – in quei luoghi dove magari non esiste un club capace di creare quel sentimento di rappresentanza e quell’idea di comunità che stimola l’immaginazione. E quindi: tifo Juve perché vince.

Il loop vincente

La conseguenza di ciò è clamorosa, si crea infatti un loop virtuoso che funziona più o meno così: una squadra inizia a vincere e quindi il numero dei tifosi aumenta. Se il numero dei tifosi aumenta quella squadra diventa più “potente” agli occhi dei media sportivi, che hanno come fine ultimo quello di rivolgersi ai tifosi (e far comprare i giornali). L'aumento dell'attenzione dei media crea opinione e aumenta il potere della squadra, in ogni sede. Se una squadra aumenta il proprio potere, ha più probabilità di vittoria. E, se vince... il numero dei tifosi continua ad aumentare! Il cerchio è chiuso. Si riparte dall'inizio.

Vincere aiuta a vincere” significa anche questo.

Questo è il motivo per il quale, quando in discussioni passate, mi veniva chiesto: “Come può il Napoli contrastare il dominio delle squadre del Nord?” io rispondevo in maniera molto tranchant: “Deve iniziare a vincere!”.

Vedete come adesso la frase della Christillin assume tutto un altro significato?

In questo momento storico in cui c’è un evidente vuoto di potere, il Napoli può approfittarne in modo speciale, se riesce a creare un ciclo vincente!

Se ciò dovesse accadere, il bambino di dieci anni che nasce a Vibo Valentia o a Barcellona Pozzo di Gotto e che si avvicina al Calcio, potrebbe scegliere di tifare la squadra che più incarna gli ideali di Vittoria.

E se quella squadra fosse il Napoli?

Come cambierebbero i rapporti di forza se il numero di tifosi napoletani crescesse e fosse paragonabile a quello degli juventini? Quanto converrebbe ai media nazionali trascurare il Napoli, se quel Napoli rappresentasse una grandissima fetta del loro bacino di utenza?

Se a ciò aggiungiamo che il Napoli parte da una base importante dettata dall’identità territoriale, beh, il gioco è fatto.

Ecco perché io credo che questo sia un momento molto propizio per gli Azzurri – ma il discorso potrebbe essere traslato anche per la Roma, nostra prossima avversaria – per porre delle fondamenta davvero robuste su cui costruire il Futuro.

C’è un vuoto di potere, hanno detto in molti, e non hanno torto.

Ma il Napoli vincente deve porsi un obiettivo ancora più ambizioso.

C’è un vuoto di immaginazione da colmare nei ragazzi che si affacciano al Calcio.

Il Napoli deve riempirlo d’azzurro.