Il Napoli, grazie alla gestione lungimirante ed oculata di Aurelio De Laurentiis - che per inciso, nonostante il suo carattere per così dire "bizzarro", reputo il miglior presidente della storia del club - lo scorso 4 maggio era giunto sì ad un obiettivo storico con la vittoria del terzo scudetto, ma soprattutto era giunto ad un bivio, o meglio ad un passo della vetta, dove serve fare il passo decisivo per ambire alla "dimensione" di top club.

Ebbene sì, per "dimensionarsi" non serve solo vincere, ma è ancora più importante saper gestire le vittorie. Vittorie che spesso tolgono il fiato ma anche le idee, vittorie che possono farti sbandare, possono farti credere che tu sia arrivato all'apice e che per questo nulla potrà più andare male. Che i successi ti apparteranno di diritto e che non siano invece frutto di scelte che dovranno essere sempre più illuminate, perché proprio per il livello raggiunto più difficili.

Ebbene sì, purtroppo non funziona così…
Vero è che questa estate post scudetto sia stata atipica, in quanto, contemporaneamente, sono andati via il coach ed il Ds dello scudetto, e se per questo non si può dare colpa a De Laurentiis, o di certo colpa esclusiva, per quello che è avvenuto certamente sì.

Forse andava compreso che, raggiunta la vetta, andava voltata pagina, per mantenere la dimensione non poteva più bastare questa sorta di One Man Show, certamente vincente, ma forse non più sufficiente per mantenere lo "status".

E qui veniamo ad Antonio Conte, senza entrare nei dettagli del suo valore come coach, perché credo che ci sia poco da argomentare rispetto al valore e calibro del tecnico salentino, mi soffermo appunto sull'uomo e "personaggio" Antonio Conte.

Certamente per certi versi un egocentrico, ossessionato dalla vittoria e dal primeggiare, il che lo porta ad essere in guerra con gli avverasari, e non solo…

Giustamente un pensiero comune potrebbe essere: “non sarà rischioso affidare la ripartenza del Napoli ad un coach siffatto, soprattutto dopo aver letto la sua ultima intervista al The Telegraph?”.

Vi dirò, proprio quell'intervista ed i suoi contenuti sparsi: "devo vincere", "gli altri aspettano il mio fallimento", "non posso allenare una squadra che giochi solo per divertire", "sogno di vincere la Champions", mi hanno convinto ancor di più che sia l'allenatore giusto al momento giusto, un opportunità da non perdere piuttosto che una trappola.

"Devo vincere" che non va confuso con "vincere ad ogni costo", contravvenendo a regole e principi di gestione, deve essere il mantra di un club come il Napoli. Se è vero quanto detto da De Laurentiis nell’ultima conferenza, ovvero che nel 2030 (fra 6 anni e non 1 secolo) vuole essere al livello dei top club europei, e quindi "dimensionarsi" come tale. Ecco perché, Conte sì!

"Gli altri aspettano il mio fallimento", il Napoli sportivamente con questa guida ancora non ha fallito, ma la gestione del post scudetto ha aperto certamemte una crepa, e pensare che dopo una stagione come quella che sta trascorrendo si possa incappare in scelte superficiali, pensando di essere infallibili, sarebbe l'inizio del fallimento. Ecco perché, Conte sì!

"Non posso allenare una squadra che giochi solo per divertire": per anni a partire da Mazzarri prima, passando per Benitez e poi soprattutto per Sarri, siamo stati il Luna Park del calcio italiano, quelli divertenti e belli da vedere, magari anche simpatici, "perché tanto non vincono mai" dicevano. Forse è ora di essere meno belli se serve, più vincenti ed anche meno simpatici. Ecco perché, Conte sì!

"Sogno di vincere la Champions": beh, qui poco da dire, chi non sogna un giorno di poter salire sul tetto d’Europa? De Laurentiis in primis ha più volte dichiarato come la Champions League sia il suo grande obiettivo e di quanto sia rimasto male lo scorso anno ad essere andato fuori con il Milan. Se ambisci al massimo devi farti guidare da chi lo vuole più, o quanto, te. Ecco perché, Conte sì!

In sintesi il tecnico salentino, con la sua esasperata ambizione di primeggiare, sarebbe sì scomodo per taluni versi, ma aggiungerebbe in società una figura in grado di generare un confronto vero e credibile, che con la sua spigolosità sia stimolante per una crescita comune.

Tutto questo non potrebbero darlo, per diversi motivi, tanti altri allenatori bravi accostati al Napoli, perché nessuno oggi racchiuderebbe in se tutti questi contenuti. Ovviamente di tecnici bravi ne esistono, ed il calcio non finisce certamente a Conte: penso a Motta, Gasperini, Farioli e mi fermo volutamente qui. Ma oggi Conte servirebbe al Napoli esattamente come il Napoli servirebbe a Conte, per questa comune e maledetta voglia di tornare alla "propria dimensione", ad essere "i primi"…

A cura di Vincenzo Fusco