Il Napoli è ancora convalescente. Ma lo è perché cerca sempre e solo di giocare in un determinato modo. La zona di comfort. Non esiste altro dio all'infuori del 433. Di questo 433. Ma la verità è una sola: il Napoli, come lo abbiamo impresso nella memoria, non potrà più esserci.

Lo sapeva Luciano Spalletti, lo devono accettare i tifosi. Le squadre avversarie tutto fanno tranne che dormire. E visto che son deste, naturalmente, studiano. E il Napoli campione d'Italia in carica l'hanno studiato bene. Conoscono i punti deboli e i punti forti. E quando si concede la prevedibilità agli avversari, si va in difficoltà.

Se di fronte hai un team di livello, il tutto diventa estremamente palese. Se invece di fronte hai il Cagliari, con la forza dei singoli, se in giornata, puoi portare a casa il risultato pieno. Ma in una gara dove si son viste poche cose buone, ancora una volta, ci sta un dettaglio da non sottovalutare. Il Napoli non si è disunito. E non l'ha fatto nel momento più importante del match: il pari di Pavoletti.

Non avrai altro dio all'infuori del 433

In quel preciso momento l'uomo che più di tutti ha la mentalità da top player unisce i puntini, mette la freccia e vince la partita. Non ci sono schemi, non c'è 433, non c'è l'uscita palla al piede, non c'è nulla di riconducibile a qualcosa di studiato a tavolino. Ci sta solo istinto, fame, mentalità, individualità. Ed è ovvio che in quel momento chi va al tiro lo fa per spaccare il mondo, la porta, la partita, il momento negativo e il passato recente. È una conseguenza.

Oggi serve questo. Questo servirà anche domani. E sarebbe servito questo chiunque anche prima. Un fulmine. Una saetta. Una folata di vento forte. Come quella che stava rendendo inagibile il Maradona proprio nei giorni delle polemiche (a proposito, a quando il nuovo stadio? Manco avesse tirato la Bora triestina, sic!).

Walter Mazzarri è nato per questo tipo di calcio. Per pane, fango e pallone. Inevitabilmente si sta snaturando per non sottrarre la zona di comfort ai 20 e passa ragazzi che, oggi come oggi, rendono più di istinto che di schema.

Ma il calcio è un gioco semplice. Lo scudetto è stato vinto per l'istinto nei momenti chiave del campionato. Cioè giocate individuali clamorose che abbiamo ancora oggi impresse negli occhi e nella mente. Il calcio deve vivere di individualità. Come Kvaratskhelia contro l'Atalanta, Osimhen contro la Roma andata e ritorno, Simeone sempre con la Roma. Le individualità sono spesso necessarie.

https://youtu.be/AerX6_bduG0?si=5mWfcjboJhu5e5t8
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