Nonostante il Napoli abbia vinto quattro scontri diretti su cinque, tutti giocati fuori casa, e due delle tre trasferte in Champions League, nella conferenza di oggi che precede Sampdoria Napoli, Luciano Spalletti ha dovuto ribadire ancora una volta che questa squadra ha personalità e carattere.

C'è poco da fare, qualunque impresa faranno questi ragazzi, al primo passo falso saranno sempre costretti a sprecare energie mentali per scrollarsi di dosso l'etichetta dei senza palle. Se neanche ventuno partite giocate a ritmi infernali, che hanno posizionato il Napoli a squadra di rango assoluto nel panorama del calcio mondiale, sono servite per concedere un credito fiduciario a questo gruppo di lavoro, allora francamente non riusciamo a trovare una soluzione a quello che è il vero malus dell'ambiente.

Roberto Saviano ha utilizzato l'espressione "macchina del nord" in una sua recente intervista, scatenando l'indignazione della classe intellettuale sportiva nazionale. Un'iperbole, quella dello scrittore, che ha avuto il merito di essere stata tempestiva e di aver portato alla ribalta un tema importante prima che iniziasse la seconda parte di stagione. Con macchina del nord, l'autore di Gomorra, intendeva il potere delle tre squadre che da oltre venti anni si spartiscono lo Scudetto in Italia. Ma alla luce della conferenza stampa di oggi l'analisi di Saviano diventa incompleta.

I nemici, il Napoli, li ha da sempre in casa. E sono i più pericolosi perché più vicini. Una stampa locale proiettata ancora una volta a scavare nelle paure dei tifosi e incapace di analizzare in maniera lucida e razionale le cose di campo, che si limita a fare da cassa di risonanza delle analisi superficiali e tendenziose dei colleghi del nord. Come il ripristino delle turbe da furto d'auto del georgiano, che a San Siro ha vissuto una serata no perché ancora scosso da quello che gli è accaduto sessanta giorni fa. Ma voi lo immaginate un ragazzo di ventuno anni cresciuto in una terra complicata, che nella sua seconda apparizione alla scala del calcio si blocca perché non riesce, da milionario, a metabolizzare il furto di una Mini? Noi no. Non ci riusciamo, ma a quanto pare qualcuno sì.

In conferenza non si parla più di pallone, nessuno ne è capace evidentemente o a nessuno interessa, tra le domande rivolte oggi a Spalletti abbiamo potuto riscontrare solo saggi di psicanalisi votata alla ricerca di drammi esistenziali.

Rivedremo mai il Kvaratskelia di inizio stagione? Rrahnmani ha paura di un nuovo infortunio? Zielinski ha ancora paura del buio? Come si esce da questa situazione? Ma come vuoi che si esca caro mio, se non facendo quello che abbiamo fatto a Glasgow, Amsterdam, Milano, Bergamo e per due volte a Roma?!

La vivibilità calcistica di Napoli è da terzo mondo. Per motivarla non basta più indicare nel carattere di De Laurentiis la causa. Dopo diciotto anni di gestione sempre proiettata a una crescita internazionale del brand che ha fatto dello sviluppo tecnico in campo il suo volano, la chiusura della proprietà verso la stampa può essere serenamente classificata a reazione. Il Club è stato costretto, da anni, a giocare in difesa anche tra le mure amiche, non solo nei salotti televisivi nazionali. E a giudicare dall'aria che tira, mai scelta è stata più saggia.