Il giubilo con il quale la piazza sta reagendo alle dichiarazioni di De Laurentiis sul rinnovo di Luciano Spalletti fanno da simpatico contraltare alle reazioni con le quali, quasi due anni fa, fu accolta la notizia del suo arrivo.

'Il toscano sbagliato' ha dovuto lottare contro il pregiudizio di una fetta di tifoseria che, in preda a bollori di insoddisfazione verso qualsiasi scelta presa dalla società, diede ampio sfoggio, all'epoca, a quel campionario di pressapochismo snob e presuntuoso di cui per anni ha fatto incetta.

Oggi, dopo aver portato la squadra ad una qualificazione Champions - lo scorso anno, ad un titolo in pectore e tra le prime otto d'Europa (con lo stigma di favoriti per la finale), Spalletti raccoglie l'elogio unanime di chi lo ha guardato con diffidenza, malcelata antipatia e insoddisfazione latente per larghi tratti della sua esperienza napoletana.

Al punto che, nella disonestà generale, la tarda primavera scorsa lo ha visto sul banco dei colpevoli per uno scudetto perso, unico e solo responsabile dei passi falsi che ci esclusero dalla lotta per il titolo al tornante conclusivo della stagione.

Lui, Spalletti, un allenatore che aveva ricostruito nelle fondamenta un gruppo debole, abituato alle delusioni, che veniva da due anni di disastri, da una autogestione tecnica e da gerarchie auto-assolventi che trovavano terreno fertile nella stampa per generare malcontento e insoddisfazione.

Forse, lo stesso De Laurentiis fu tentato dal mandarlo via, in preda al suo solito furor da redde rationem: si salvò, consegnandogli le chiavi di un progetto tecnico che, scevro da qualsiasi condizionamento, di passato e ambiente, ha semplicemente riscritto la storia del calcio italiano, imponendosi come gigante del calcio italiano ed europeo e modello di sostenibilità economica.

Oggi Spalletti è celebrato, da ambiente e stampa: ed è il giusto premio. Ovviamente.

Ma, non creda che tale idillio perduri a vita: ritorneranno, e come se ritorneranno, le voci ostili, i fiancheggiatori del caos, gli avvelenatori di pozzi. Che, magari, non gli perdoneranno il primo pareggio in casa.

A 64 anni, con in bacheca un titolo (magari anche più d'uno) fresco fresco, e le spalle forti, se ne infischi. Non dimentichi come l'hanno accolta, non dimentichi come la celebrano adesso.

Chi disprezzerà la gloria vana, riceverà la gloria vera.