Dittatore, oligarca, despota e chi più ne ha più ne metta... Sono questi alcuni dei termini con cui su Relevo, nota testata sportiva spagnola, viene dipinto il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis. Un ritratto fatto talmente a tinte fosche che, alla fine, ne esce fuori persino un’immagine positiva del patron degli azzurri, come quando in un passaggio viene accusato di aver usato il pugno talmente duro nei confronti del business della rivendita dei biglietti da aver scatenato la ritorsioni della camorra contro alcuni calciatori (ingenuità? Malizia?).

Buffo, è poi, quando in apertura vengono elencate le onorificenze del Nostro, come quello di Grande Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana, di Cavaliere del lavoro e di Ufficiale dell’Ordine delle Arti e delle Lettere del Ministero della Cultura della Francia, e la carica di membro del Comitato scientifico della Fondazione Italia-USA. Chissà cosa voleva provare con ciò l’autrice, ma, si sa, Italia, Francia e Stati Uniti sono tutti Paesi poco democratici...

De Laurentiis, il presidente autarchico

In generale, però, più che accusarlo di essere un tipo autoritario, se dovessimo trovare un titolo adatto per descrivere De Laurentiis, dovremmo prendere in prestito quello dell’esordio cinematografico di Nanni Moretti, Io sono un autarchico: sì, perché lungi dall’essere «respaldado por el poder», ciò che distingue il presidente del Napoli è il fatto di essersi chiuso ormai da un po’ di tempo nel suo virtuoso isolamento: ha deciso di fare da sé con le magliette, ha rinnovato l’intero settore marketing facendo perno sulle capacità della figlia Valentina, ha creato un’area tecnica che prova in qualche modo ad essere autosufficiente e, da sempre, è ben poco diplomatico nelle relazioni politiche e istituzionali (citofonare UEFA e FIGC per saperne qualcosa).

De Laurentiis, infatti, non ha mai fondato partiti personali, non è mai stato candidato con la Democrazia Cristiana o Forza Italia, non si è mai giovato di leggi ad personam, né tantomeno ha aspirazioni di monopolio sulla grande stampa. In questo, insomma, il proprietario della Filmauro è un imprenditore “puro”. Si occupa di cinema e calcio e basta. Un modo di fare impresa molto lontano dal costume italico dei vari Sensi, Berlusconi, Cairo, Lotito o Agnelli. Modalità che sono ben sconosciute anche a Florentino Pérez, il presidente del Real Madrid che, da ingegnere civile, a cavallo tra gli anni ‘70 e ’80 ha ricoperto numerosi incarichi istituzionali occupandosi di trasporti e infrastrutture per conto dell’UCD, partito che servì a riciclare gruppi consistenti di gerarchi franchisti (a proposito di dittatori) nel periodo di transizione della Spagna verso la democrazia.

Ecco, se ADL alla fine è risultato un vincente, è perché ha sempre saputo cogliere l’attimo: così come l’acquisto del Napoli fu fatto nel lontano 2004 dopo un lungo corteggiamento (sì, anche dell’acquisto del club azzurro per soli 30 milioni ne viene fatta una colpa sull’articolo di Relevo), anche la vittoria dello Scudetto è arrivata perché De Laurentiis ha saputo mantenere costantemente alti i livelli di competitività della squadra, in modo da affondare il colpo sul campionato in un momento di vacatio nato dalla crisi delle rivali.

Dunque, per quanto la parola autarchia faccia tornare alla mente suggestioni da Ventennio, De Laurentiis è uno che ha dimostrato di avere successo solo in virtù delle sue forze. Niente legami sporchi, niente giri loschi. Se poi il presidente del Napoli ha un caratteraccio, allora pazienza: sfidiamo chiunque a trovare grandi imprenditori che dirigono le loro società con fare amichevole e non verticistico. Il che non vuol dire, ovviamente, che siano tutti dei piccoli ducetti.