Ci sono sconfitte che non fanno male e vittorie che non fanno bene. Quella di Braga è sicuramente una di queste. Il Napoli di Rudi Garcia non riesce ancora a giocare per più di un tempo. E nel tempo che produce, non concretizza. In cinque partite: 3 vittorie, una sconfitta e un pareggio. Media da 76 punti stagionali. Lo scorso anno sarebbero valsi addirittura lo scudetto. Ma è una forzatura bella e buona, ne siamo consapevoli.

Però se il Napoli più brutto possibile riesce comunque a tenere botta, allora è quella luce che occorre rincorrere, invece di essere attratti dal buio pesto. Esonerare Rudi Garcia sarebbe, al momento, la scelta più umorale possibile. E ci rifiutiamo di pensare sia percorribile. Non fosse altro per i sostituti rimasti in ballo, che si dividono tra impossibili e poco aderenti alle esigenze.

Sgomberiamo subito il campo da equivoci: il Napoli quest’estate non ha raggiunto i propri obiettivi. Grandi nomi, che non hanno avuto coraggio e voglia di rischiare; e piccoli, che non hanno avuto voglia e coraggio di rischiare. Perché di allenatori con gli attributi in giro ce ne sono pochissimi. Quelli pronti a sedere su una panchina campione d’Italia dopo 33 anni sono talmente rari che neanche chi ci è riuscito se l’è sentita.

Addirittura, volendo applicare lo stesso spietato metro di giudizio usato per condannare il club, si può dire che sia stato Spalletti il primo a non fidarsi del gruppo utilizzato per raggiungere il suo primo scudetto dopo oltre 20 anni di Serie A. Per Garcia, Napoli, invece, è stato un jolly insperato.

L’unica arma che avrebbe avuto il club per trasformare i no in si sarebbero stati i soldi. Tanti, troppi soldi. Sicuramente più del valore reale dei candidati. Soldi che non sarebbero stati comunque mai abbastanza rispetto a quelli promessi dalla Premier e che non avrebbero rappresentato alcuna garanzia di fronte alla possibilità di rigetto da parte del gruppo.

Non è la prima volta e non sarà neanche l’ultima che un club vince e non riesce a ripetersi. Nessun dramma. Ovvio che non la penserà così chi ha mal digerito lo scudetto e che ha tutto l’interesse a dimostrare l’incapacità del Napoli, in un goffo quanto “gobbo” tentativo di giustificare il mantra del “non vuole vincere” o della fortuna alla base del successo o del “padre padrone”. La scelta è ampia.

Rudi Garcia, male che vada, sarà stato utile come un sorbetto al limone

Il francese, per ora, sta rendendo semplice il compito a chi verrà. Ha la funzionalità di un sorbetto a limone tra una portata di mare e una di terra. Se non raddrizzerà la barca, avrà avuto almeno il compito di sciacquare il palato alla platea napoletana dopo il menu dello chef Spalletti.

Ma cambiare Rudi Garcia è l’unica cosa a cui il club non deve pensare. Anzi. È forse arrivato il momento di legittimare la scelta agli occhi dello spogliatoio, assicurando al tecnico, con fermezza, il tempo necessario per sviluppare le proprie idee e togliere al gruppo ogni velleità di sabotaggio. Sembrerà una cosa forte da dire, ma anche questa è un’ipotesi. E alla luce del linguaggio del corpo visto in campo ieri a Braga, seguito da dichiarazioni sibilline nel post gara, è un’ipotesi tutt’altro che cestinabile.

Il club sfrutti la propria solidità economica e finanziaria per imporsi. Nel caso bluffi pure. Ma spieghi ai calciatori che fino a giugno Garcia non si tocca. Porti l’esempio dei 3 anni dell’era Ancelotti Gattuso e - anche se non fosse vero - dimostri che il futuro del Napoli non dipende da una qualificazione in Champions o meno. Piuttosto ricordi ai calciatori che, invece, il loro futuro è appeso alle prestazioni in campo e che il credito che la romantica piazza napoletana gli riserva non è lo stesso del mercato globale. E, già che c’è, ricordi anche che prestazioni come quelle non offerte nel secondo tempo di Braga sono una cattiva pubblicità per i loro brand.

Uomini all’interno del club che hanno credibilità per spiegare certe cose ci sono. Non si può dire che il capitano non abbia rispetto di De Laurentiis, ma se non si vuole scomodare il patron, viene in mente Micheli. Il nuovo Ds in pectore conosce non solo i ragazzi, ma anche i genitori e le fidanzate. Gli abbracci nello spogliatoio lo scorso anno con Kim, Kvara e Osimhen erano frutto di rapporti personali ancor prima che professionali. L’ex osservatore ha partecipato attivamente a ogni operazione del Napoli degli ultimi anni. I calciatori non sono stati lasciati da soli con l’orco, come qualcuno vuol far credere.