Ho trovato calciatori molto responsabili, hanno capito gli errori commessi. Quando abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti, l'anno scorso abbiamo perso tutti, club, tifosi, giocatori, ma i ragazzi hanno fatto una riflessione e penso di ritrovarli con più esperienza. Nei loro occhi ho visto un po' di delusione quando hanno parlato dell'anno scorso. Dopo la mia firma, la fase più difficile è stata riallineare tutta la situazione e rimettere il club Napoli al centro di tutto, questo è stato l'aspetto più difficile affrontato. La situazione ora ci permette di stare un passo in avanti, per merito di tutti, del club, merito dei calciatori che hanno capito.

Era sabato 13 luglio. Giorno della prima conferenza stampa a Dimaro e, se permettete, i segnali iniziavano ad essere preoccupanti: nonostante una stagione in cui i principali artefici del rovinoso decimo posto, alla prova dei fatti, siano stati i calciatori, Antonio Conte continuava a pronunciare parole di perdono, di redenzione, parole concilianti. E adulatrici, sempre se permettete: non c'è stato un giocatore del Napoli che non sia stato lodato pubblicamente dal nuovo mister. Chi più moderatamente e chi con più calore, ma l'ex tecnico di Chelsea e Inter aveva avuto una parola buona per tutti.

Antonio Conte da Loyola?

E sì: tutti. Tutti sembravano fortissimi, tutti sembravano professionisti affidabili. Del boicottaggio (autosabotaggio?) silenzioso della passata stagione non c'era nemmeno traccia. Una preoccupazione confermata dalla scelta, sbagliata a giudizio di chi scrive, di non cedere Anguissa rinunciando, così, a un calciatore molto più futuribile come Kephren Thuram, lasciato peraltro alla concorrenza. Alla Juventus, che ha potuto acquistarlo ad una cifra piuttosto bassa. C'è stata una sua dichiarazione, in particolare, che ha suonato come una vera doccia fredda:

Lo dico senza mezzi termini: la coppia Lobotka-Anguissa credo sia una delle più forti in assoluto che oggi ci sono.

Tutto giusto, mister. La qualità del giocatore non si discute. Peccato solo per l'attitudine da umarèll mostrata durante tutta la scorsa stagione. Magari Thuram Jr è un dribblatore meno abile, ma almeno non ha il vizio di passeggiare in campo. Così come infelice è stata la scelta scendere a patti con Mario Giuffredi per riconfermare Di Lorenzo, capitano inadeguato e poco incline a lavare – come dire – i panni sporchi in famiglia (se qualche regista vorrà organizzare un remake dello storico film Il Delatore, sa a che porta citofonare). Ma, addirittura, si vocifera che per lui sia stato organizzato un evento di riabilitazione. Antonio Conte, insomma, come refugium peccatorum. Antonio Conte non da Lecce, ma da Loyola.

Inizia la controrivoluzione

Poi qualcosa è cambiato. Una luce improvvisa si è accesa assistendo a una sua intervista al Tg 1 dell'altro giorno:

Stiamo iniziando un percorso di ricostruzione. Me ne sto davvero rendendo conto qui, adesso. Mi sto accorgendo del fatto che c'è veramente tanto da lavorare e non si parte da una situazione alta, ma da una situazione media. A volte la vittoria copre tante magagne. C'è bisogno di essere obiettivi e capire dove si può migliorare per continuare ad essere competitivi e vincenti. Così come nella sconfitta devi essere bravo a tenere le cose buone. Non tutto è da buttare, però quello che lo è, lo devi buttare poi.

https://twitter.com/Tg1Rai/status/1813927907762585972?t=O6IM83bmOqpUtGua4orzAQ&s=19

Bum. Parole come pietre. Nessuno a Napoli, dai tempi di Benitez, aveva mai osato parlare così del gruppo squadra e della società. Anzi: a parte le scenate di Sarri che faceva i conti in tasca a De Laurentiis al termine del suo triennio, tutti gli allenatori venuti qui hanno ritenuto opportuno elogiare il lavoro svolto dal presidente e, soprattutto, le qualità dei calciatori. Persino uno degli allenatori più vincenti di sempre come Carlo Ancelotti, all'inizio della sua avventura a Napoli, aveva speso parole al miele, giustamente, nei confronti di tutti: squadra e società.

Ora, invece, inizia una controrivoluzione silenziosa. Un'inversione di marcia totale rispetto a certe strategie del Napoli, che hanno consentito agli azzurri di porsi come uno dei pochi esempi virtuosi di modello aziendale in Italia. Funzionerà? È tutto da vedere, ma se serve a fare il tanto agognato salto di qualità definitivo, allora vale la pena di percorrere questa strada.