Il Corriere della Sera riporta altri stralci delle intercettazioni raccolte dalla Procura di Torino per l'inchiesta Prisma che vede coinvolta la Juventus. Un mea culpa interno, un'analisi di coscienza privata alla quale partecipano le più alte cariche del management bianconero: da Arrivabene ad Agnelli, passando per Cherubini, Bertola e Paratici.

"Se metto in piedi, dal 2010 quando sono arrivato ad oggi, le cazzate che abbiamo fatto gli ultimi tre giorni di mercato, abbiamo buttato nel cesso 60-70 milioni... Te lo dico così, spannometrico, da Anelka", Andrea Agnelli si lamenta a telefono con Cherubini, che rilancia: "Bentder, il ritorno per la terza volta di Caceres".

"Andrea ammette gli errori sì, a parole, ma poi nei fatti pochissimo... cioè non è che dice su tre ne ho sbagliati tre", si sfoga così Bertola commentando le scelte del Presidente che decide di lanciare la generazione dei manager quarantenni Re, Ricci e Paratici.

Il carico da novanta lo piazza Arrivabene, che giudica il progetto Under 23 come "un carrozzone creato perché non sapevamo più dove mettere i calciatori".

Neanche Federico Chiesa viene risparmiato, accusato da Cherubini di bussare continuamente a denari: "Non mi sembra il profilo di un giocatore che resterà a lungo alla Juventus, a causa del suo entourage che molto alla ricerca di sostanziali aumenti di economici".

Poi c'è Paratici che si sfoga nei giorni in cui sembrano stia per saltare le trattative per Romero al Totthenam e Demiral all'Atalanta: "Gasperini vuole incontrare Demiral, ma gli ho detto in che punto siamo del mondo? Perché se doveva prendere uno in Mozambico cosa faceva Gasperini?", insomma, prenditi il calciatore e non fare troppe domande.

Mea Culpa

Insomma in casa Juve, il processo al proprio operato è più critico di quanto possa essere quello non imbastito dai media che commentano la vicenda. Il che è paradossale visto il danno economico, sportivo e morale che questa storia porterà all'intero movimento. Il tormentone di questi giorni è che se crolla la Juventus salta il banco. Che si alterna con "le plusvalenze le fanno tutti" o con "Santoriello non può giudicare la Juventus perché tifoso del Napoli". Tutti slogan vuoti: i bianconeri non sono indagati per le plusvalenze in sé e Santoriello non giudica la Juventus, ma raccoglie prove.

Situazione che resta paradossale, in cui gli indagati fanno mea culpa mentre l'opinione pubblica e gli alti dirigenti dello sport in Italia, insistono in una difesa ad oltranza.