Il sistema calcio italiano dipende dai successi di Juventus, Inter e Milan. Non è una questione di tifo, sia ben chiaro. È business. Di fronte alla conservazione dello status quo, non c'è obiettività che tenga. Conta solo il cash. Pochi maledetti e subito. Quelli provenienti da circa il 70% dei tifosi italiani che supportano le strisciate più titolate d'Italia. I principi di competitività vengono relegati a fastidio. Intralcio. La conservazione del potere avviene attraverso uno schema definito, attuato dai media nazionali e recepito dagli arbitri in campo.

Una pressione talmente forte quella delle prime pagine o dei salotti tv che le società in questione non hanno più bisogno di sporcarsi le mani come accaduto durante Calciopoli. Un arbitro che sfavorisce una delle strisciate si ritrova in una vera e propria shitstorm. Con tale consapevolezza, nel dubbio, favorirà la più potente.

Orsato, Calvarese e Serra: due pesi, tre misure

Lo scorso anno, Marco Serra dopo il mancato vantaggio concesso in Milan-Spezia ha cancellato un gol ai rossoneri al 92' e condizionato il corso di un match conclusosi poi con il successo al 96' dei liguri. Era scosso e sotto shock, quasi in lacrime nello spogliatoio. Per lui uno stop di un mese prima di arbitrare un match di Serie B e sette mesi prima di tornare a dirigere una squadra di Serie A, se pur in Coppa Italia, il 7 agosto 2022, in Monza-Frosinone. Una carriera stroncata.

Immaginiamo lo stesso stato d'animo e trattamento per Orsato nel 2018 dopo la mancata espulsione di Pjanic o per Calvarese dopo aver fischiato un rigore ai bianconeri nonostante sia Cuadrado a sgambettare Perisic a 4 minuti dalla fine di una gara che con il pareggio stava per condannare la Juventus all'Europa League. Era il turno che precedeva Napoli-Verona, partita che è divenuta improvvisamente decisiva e che è costata soldi e serenità al club di De Laurentiis.

Cuadrado scalcia Perisic, per Calvarese e il Var è rigore

Invece no. Il giorno dopo Inter-Juventus del 2018, l’Aia sul suo sito fa sapere che Orsato, come consuetudine per gli arbitri italiani ‘prestati’ ai campionati esteri, “è stato chiamato a dirigere una gara della Qatar Super League, in programma a Doha sabato 12 maggio". Una punizione che ha tutta l'aria di un premio in denaro. Mentre Calvarese, dopo il rigore a Cuadrado, si ritira improvvisamente, per dedicarsi alla sua azienda di integratori sportivi, dice. Ma poi ce lo ritroviamo prima moviolista ad Amazon Prime e, da gennaio 2022, consulente arbitri e Var per la Roma. Insomma, il messaggio è chiaro, se vuoi fare carriera devi fare gli errori giusti.

Piange meglio chi fotte per ultimo

Dopo Napoli-Empoli dell'8 novembre scorso, vinta dagli azzurri 2-0, sbloccata su rigore procurato da Osimhen, abbiamo assistito al ribaltamento della realtà. Nonostante il fallo sul nigeriano fosse sacrosanto, gli house organ del sodalizio Milano-Torino hanno dipinto gli azzurri come squadra favorita dagli arbitri. È stato tutto un susseguirsi di parole dette ma non dette, nessuna analisi del match in sè, si è parlato solo di rigorino e qualcuno già paventava una geografia del calcio cambiata. Irreale. Nessuno che dicesse che il Napoli stesse stracciando il campionato a suon di gol e prestazioni enormi. Ne parlavano solo i soliti liberi pensatori, sempre più emarginati dal main stream. Una mistificazione senza precedenti.

Tomori travolge Ikone, per Sozza e il Var non è rigore

Dopo qualche giorno arriva Milan-Fiorentina. Una partita che i rossoneri giocano male. In cui subiscono tantissimo e vengono graziati dalla mancata concessione di un rigore netto per fallo di Tomori su Ikone e per il silenzio del Var sul fallo ai danni di Duncan a centrocampo che innesca l'azione del gol che porta in vantaggio il Milan allo scadere. Il Napoli sarebbe scappato a +10. Evidentemente non erano questi i piani.

Troppo palese la direzione di gara di Sozza. Il terrore negli occhi. La paura di diventare il nuovo Serra e tornare ad arbitrare Reggina-Brescia deve aver condizionato il fischietto nato a Milano, uscito dalla sezione di Seregno, in provincia di Monza, che dista 20 km dal capoluogo lombardo.

Troppo palese, dicevamo, per non scatenare la rabbia dei tifosi del Napoli, già troppe volte fregati in passato. Un popolo che nonostante le ingiustizie, non ha mai perso il senso critico verso la propria squadra. Basta pensare che dopo la sconfitta con il Milan dello scorso anno, nonostante un rigore sacrosanto non fischiato a Osimhen per fallo del difensore scivoloso difensore pericoloso Tomori, la critica cittadina si è concentrata sulla prestazione poco coraggiosa degli uomini di Spalletti più che sul torto subito, che avrebbe comunque potuto cambiare la partita.

Oppure, dopo Napoli-Verona del 2021, in pochi hanno rivendicato l'errore di Calvarese della settimana prima. Ma la maggior parte si è concentrata sulla mancanza di personalità di un gruppo incapace di reagire alle difficoltà. Stessa cosa accaduta anche dopo Fiorentina-Napoli del 2018. All'ombra del Vesuvio c'è ancora chi si rammarica per non averci creduto fino alla fine, nonostante almeno cinque sei partite in cui la Juventus portò a casa più punti di quanti meritasse.

La narrazione nazionale vuole a tutti i costi descrivere l'ambiente Napoli come incapace di accettare le sconfitte. In realtà i partenopei sono maestri dell'autocritica e molto spesso questa sfocia addirittura nell'autolesionismo. Non si accettano lezioni da nessuno, in particolar modo da chi è cintura nera di chiagni e fotti.