La Germania? Ho visto il loro gesto di protesta, sì ma poi hanno perso la gara. Avrebbero fatto meglio a non farlo, così magari avrebbero vinto.

Eden Hazard

Queste le dichiarazioni di Eden Hazard ai microfoni di RMC Sport. Dichiarazioni che, seppur scontate, nel contesto in cui si stanno giocando i Mondiali Qatar 2022 assumono i contorni grotteschi nel sembrare fuori luogo.

Siamo qui per giocare a calcio, e non per lanciare un messaggio politico

Ed Eden ha stramaledettamente ragione: i giocatori pensassero a giocare al pallone, piuttosto che lanciare messaggi politici. Anche perché, detto in tutta franchezza, tali messaggi risultano sempre deboli visto che arrivano da privilegiati la cui vita è talmente tanto slegata dalla realtà quotidiana della stragrande maggioranza della popolazione mondiale, che se quest'ondata di rivolta non li avesse inconsapevolmente travolti nemmeno se ne sarebbero fregati.

L'ipocrisia dei tedeschi

I giocatori della Germania portano la mano alla bocca in segno di protesta.

Il potentissimo gesto della nazionale tedesca sarà certamente ricordato a lungo, ma bisogna avere libertà di pensiero e coraggio - specialmente in questo momento - per descriverlo come un gesto ruffiano e assolutamente ipocrita.

"Negarci" la possibilità di indossare la fascia arcobaleno "è come negarci una voce"

La Federcalcio tedesca (Dfb) in un tweet.

Anziché tapparsi la bocca, in segno di protesta avrebbero potuto non partecipare affatto al mondiale. Questo si che sarebbe stato un messaggio fortissimo. Ma si sa, il portafoglio non viene attaccato per un gesto fugace durante una fotografia.

Il 22 dicembre, a mondiale finito, avremo tutti dimenticato ciò che è successo e il Qatar continuerà a essere intransigente nei confronti della comunità LGBTQ+, come lo è sempre stato. Chissà se Neuer e soci, nel corso della stagione che poi sarà da terminare, ricorderanno in qualche modo che il Qatar continua a esistere e con esso tutti i problemi che poco prima avevano denunciato.

L'inutilità di un potentissimo gesto

Il gesto non ha cambiato, né cambierà qualcosa, pur avendo avuto certamente il valore morale di essere stato il primo, enfatizzato ed eretto a simbolo di ribellione da una stampa e da un movimento di parte ipocrita, che sfrutta la popolarità dell'evento sportivo più seguito al mondo per sfogare la propria - legittima, per carità - protesta nei confronti di uno stato a forte impronta religiosa. Come ce ne sono tanti al mondo, per i quali e dei quali, però, i riflettori sono e saranno lontani perché, hey!, dal 22 dicembre potremo ritornare a parlare di campionato, di scudetto, del crollo del Napoli e di Orsato.

Perché tanto va così, in Italia e nel mondo: una giusta lotta per i diritti umani diventa importante solo quando ci si può tirare fuori qualche punto di share, click, visualizzazioni o ascolti, poi tutto torna in soffitta e arrivederci. Quindi ha ragione Eden Hazard: i calciatori pensassero a giocare e non lanciare messaggi politici. Tanto non serve a niente.