I dettagli fanno la differenza. Soprattutto quando giochi contro il miglior club del mondo, che trova nella Champions League il pane quotidiano. Quando davanti a te hai 11 calciatori, più riserve, che trovano motivazioni solo nel sentire 60 mila fischi. Perché per giocare nel Real Madrid devi avere oltre che la tecnica, la testa. E pure le gambe, che non tremano nemmeno sotto tortura. Ci sta solo un modo per avere la meglio: non sbagliare nulla e curare ogni singolo dettaglio quando, inevitabilmente, devi subire.

Il Napoli ha fatto comunque una signora partita, giustamente apprezzata dalla folla accorsa al Maradona. E la sensazione, al triplice fischio, è stata di una partita giocata al massimo livello, decisa da un saetta di quasi 110 km orari. Il che è vero, ci mancherebbe. Ma un tiro del genere non avviene per caso. Così come i primi due. Errore del capitano Di Lorenzo e un istante dopo Vinicius JR la mette nella parte di porta dove crescono le ragnatele. Dettaglio numero 1.

Gli uomini di Ancelotti prendono vigore dopo l'iniziale svantaggio e Bellingham, con azione di sfondamento, sigla il 2 a 1 ospite. Anguissa, che segue il talento inglese, ha solo un modo per evitare l'azione: tirargli la maglia, concedere la punizione e beccarsi il giallo. Non lo fa.
Dettaglio numero 2.

Siamo pronti a scommettere che a parti invertite non sarebbe mai successo. Il Napoli non è nuovo a queste rinunce. Tutti ricordiamo, purtroppo molto bene, la corsa di Leao di 60 e oltre metri per poi mettere Giroud a tu per tu con la porta. Nessuno decise di fermare il portoghese del Milan con un fallo.
Ma il Napoli di Champions, spinto da voglia matta e consapevolezza dei propri mezzi, la riprende su calcio di rigore trasformato da Zielinski, che risulterà essere poi il migliore degli uomini di Rudy Garcia. Ed è proprio in quei 25/30 minuti successivi che i campioni d'Italia cercano di vincerla addirittura. Ma non segnano. Anche se, a dire il vero, un paio di buone occasioni le hanno pure.

Dettaglio numero 3. Importante quanto gli altri ma più decisivo perché arrivato nell'ultima parte di gara, che ha sancito il 2 a 3 finale.
Il Napoli tenta un'azione centrale, Osimhen la appoggia proprio a Zielinski che da fuori area, in posizione centrale e senza difendenti avversari, ha la possibilità di tirare come vuole e come sa. Ma la palla è centrale e non troppo forte. Kepa, il portiere del Real, la ribatte. Dopo una decina di minuti, angolo avversario. La palla arriva a Valverde che non tira come il polacco. No, il calciatore uruguaiano lo fa per spaccare il mondo, per vincere la partita, per dimostrare forza e cattiveria e lo fa con tutta la potenza di gambe e idee. È tutto qui. Per tale motivo quel tiro non avviene per caso, perché Valverde è meritevole del Real Madrid ed è titolare inamovibile. E ci è arrivato da giovanissimo.

Il Napoli ha sempre fatto delle partite eccezionali in Champions League, anche quando non ha vinto. A questa squadra ormai da oltre dieci anni manca un dettaglio per vincere una gara del genere: la sfrontatezza. Ma del resto per realizzare i sogni il banco deve saltare. E può saltare anche strappando una maglia all'avversario o tirando in porta con tutta la forza del mondo, assumendosi il rischio di una brutta figura. Che ne sai, magari invece di andare in curva, la palla finisce sulla traversa e poi sbatte sulla schiena del portiere avversario. Per diventare un top team, al Napoli basta veramente poco. Ma a certi livelli, è quel poco che fa tutta la differenza del mondo.