Il Napoli annega al decimo posto della classifica nel campionato più brutto di sempre a certi livelli. Il Maradona silura la squadra e lo sdegno prevale sull'abbozzo d'impegno di un gruppo di calciatori privo di qualsivoglia spirito di coesione. L'attaccamento alla maglia è finito e con esso anche un ciclo dell'Era De Laurentiis. Ora il patron dovrà utilizzare la bacchetta magica per ravvivare una squadra monocorde e inanimata.

Anche il gagliardo Lecce con il minimo sforzo fa punti in terra partenopea e addirittura senza segnare goal, cosa che succedeva al Napoli ininterrottamente da 19 partite tra Serie A e Champions. La reprimenda del campionato concluso senza qualificazione alle coppe ci lascia questi severi insegnamenti.

1 - L'APOTEOSI NEGATIVA E I MANCATI SALUTI

Quanti strascichi negativi tra le budella dello stadio Maradona, nei comunicanti corridoi laccati e stretti in cui i calciatori s'insinuano felpati per sbattere la saracinesca sulla propria stagione in terra partenopea. Un incubo, specie nel 2024, da cui calciatori e staff non hanno saputo riplasmare la materia del sogno scudetto. Il Presidente De Laurentiis ha lasciato correre le nefaste conseguenze di un'annata da egli stesso incrinata sin dal principio ed il pubblico è rimasto civilmente imperterrito a rimestare dissapori, delusione e una sana disillusione ormai, trapassata dalla consapevolezza del fallimento annunciato.

Nell'ultima danza dinanzi alla propria gente, la squadra del partente Calzona si accartoccia su se stessa fino a rimpicciolirsi del tutto. Il Lecce senza pretese di classifica, riesce addirittura a ben figurare al Maradona senza mai tirare nello specchio della porta mentre il Napoli nella prima frazione non crea neanche un'occasione da rete ed è l'ultimo avvertimento tellurico del terremoto che si appresta ad avvenire in casa Napoli, imposto da cause di forza maggiore.

Nel Napoli, anche stavolta, chiunque sia stato impiegato sul terreno di gioco ha soltanto sterilizzato un anno di carriera ed i calciatori oggi sono tutti normalizzati al punto da avere poche chance di tornare ad alto livello già nella prossima stagione; in un coagulo di dispiaceri e insipienze tra campo ed extra campo, ora la stagione più brutta dell'ultimo quindicennio è diventata per tanti la salvifica scappatoia verso nuove sfide. Zielinski, Osimhen e Di Lorenzo si esimono dal salutare la gente per l'ultima volta in campo ed è un sipario nero sulla propria vita calcistica all'ombra del Vesuvio.

La morale di questa favola non a lieto fine è rigorosa. Il Napoli sicuramente non giocherà le coppe europee per almeno 15 mesi e saranno mesi dove reimparare a correre a cominciare dal turno di coppa Italia di metà Agosto, che il club non disputa dagl'albori della propria rinascita.

2- IL PROFESSIONISMO DEL TIFO E LO SFASCISMO DELLA SQUADRA

Mai protesta e contestazione di una tifoseria, specie se si tratta di un plotone d'innamorati della squadra, così numerosi e sempre presenti, come quella del Napoli è stata più coerente con le logiche della civiltà, del rispetto e dell'emozionalità. Mai trascendente, non violenta, per nulla intemperante o villica. Addirittura utile a smuovere qualche coscienza ed a rivendicare le pretese d'attaccamento alla maglia e alla causa del Napoli sopra ogni cosa. Tutta la squadra invece, con inerte capacità di cambiamento e tempi di reazione ormai morti, dimostra a se stessa che il fattore psicologico nel calcio sia più importante di quello tecnico, esso stesso evidentemente carente.

Sposare Napoli significa intingersi d'un amore ancora grezzo sotto certi versi, in cui la corrispondenza di sensi ed intenti travalica la finalità del risultato. Per tal motivazione, gli ultras nell'ultima apparizione del campionato sugli spalti non lesinano l'umiliazione della rimembranza delle sconfitte improvvide, squallide e mortificanti per la squadra prima che per tutto il popolo del Napoli e con la cartellonistica e gli striscioni sfiduciano radicalmente i calciatori senza giustificazione o attenuazione alcuna.

Nella stagione post scudetto, il pubblico di Napoli ha vinto di nuovo. Stavolta da solo.

3 - TRE ALLENTORI SENZA ALLENAMENTO

Calzona nel commiato della conferenza stampa si presta a porgere ai giornalisti e ai tifosi una visione d'insieme tecnica e tattica in cui la squadra sotto al sua gestione ha subito pochi tiri in porta, generato tante opportunità per poter fare goal e concretizzato pochissimo in relazione a quanto subito, ma francamente seppur apprezzabile non è biasimevole vista l'eredità raccolta.

In principio ad Agosto Rudi Garcia ha utilizzato l'anti metodicità dell'allenamento orientato al costrutto dell'atletica nel gioco, palesando amnesie nella lettura delle partite e nelle strategie di contenimento degl'avversari. I suoi cambi sono stati sempre sbagliati e fuori timing e la sua gestione della rosa e della comunicazione con l'esterno ridicola.

Mazzarri che gli è succeduto alle idi di Novembre ha fatto un torto a se stesso nell'insistere su qualcosa che non è mai esistito, convincendosi d'aver trovato una quadra per ottimizzare la fase difensiva della compagine, dimenticandosi tutto il resto, esautorando forse per sempre il suo modo di persistere nel calcio d'alto livello.

Calzona dal 19 febbraio ha provato soltanto ad insistere sulla scientificità dei numeri protocollari al 4-3-3, impianto tattico divenuto alla fine stantio, ricorsivo, inefficace e povero di soluzioni di gioco. Il suo approccio pertanto è stato corretto, ma la sua protervia a non voler diversificare il modo o addirittura la maniera di giocare, no.

Dopoché la dissertazione sugli allenatori e sulla media punti bassissima è divenuta stucchevole nonché inutile (Calzona ha vinto appena tre partite su 18 totali ed è ultimo). Fatto sta che con tre allenatori il Napoli ha totalizzato i punti cumulati in appena un girone d'andata nella scorsa trionfale stagione e tralasciando l'analisi sul delta delle due annate e il differenziale di rendimento, è lecito domandarsi se conta di più l'allenatore o l'allenamento. Se la risposta corretta secondo Monsieur Lapalisse è entrambi, allora il Napoli ha sbagliato entrambe le cose.

4 - LA CLASSIFICA DEL PIANTO

Napoli che imbelle dinanzi ad una Serie A in cui la maggior parte delle squadre falliscono la stagione in accordanza con le premesse di Luglio. Il consuntivo delle statistiche recita -37 punti rispetto all'anno dello scudetto, appena 55 goal realizzati, tante reti regalate agl'avversari, 13 partite perse in totale, due mesi finali senza mai vincere, un cumulo di figuracce da matita rossa sul calendario e una squadra che vale meno della metà rispetto al 4 Giugno 2023, giorno della festa celebrativa del terzo campionato vinto nella propria storia dal club.

Decimo posto come nei primi anni duemila al ritorno in A, e proporzionalmente meglio solo dell'annata da retrocessione agl'albori del ventunesimo secolo. Il nono posto mancato e la probabile Conference League con risultati ad incastro fa aleggiare ancora di più la cupidigia sulle speranze segate dalla realtà dei fatti. La cosa più giusta prodoma alla rifondazione, dicono in tanti, senza trasferte infrasettimanali nel prossimo futuro.

Di fatto questa classifica finale e questo scoring così negligente è solo la rappresentazione plastica di come l'amministrazione e la governance di un club se sono correlate a risultati imprescindibili (vedasi qualificazione alla champions ed al mondiale) porta allo sfascio e alla precarietà della squadra indipendentemente dai contratti e la caduta a questo punto non prevede paracadute. Fortuna vuole che tale disastro si sia dimensionato alla parte di sinistra della classifica, perchè se ci fosse un terzo tempo anche di campionato (già lungo ed estenuante, senza obiettivi concreti già da mesi per molte squadre) il Napoli avrebbe lottato per tirarsi fuori dalla zona retrocessione fino a pochissime giornate dal termine, come Genoa e Monza.

5 - VALZER DEGLI SCONTENTI

La pletora dei giocatori che hanno deciso già da tempo di abbandonare la causa Napoli per motivi tecnici, contrattuali o ambientali è cospicua, rimpolpata dalle avventate decisioni prese in barba alla sommossa in società che il capitano Di Lorenzo e altri leader dello spogliatoio hanno già palesato in maniera netta ed inequivocabile. Gollini non sarà riscattato ed ha già lasciato Napoli. Mario Rui non è più centrale nei piani futuri per anagrafica e contributo alla squadra, discorso speculare per Ostigaard. Juan Jesus ha fatto una stagione disastrosa ed è ancorato al Napoli per salvare il fine carriera, con l'ultimo anno di contratto da poter rispettare per fare da chioccia ai nuovi, ma non meriterebbe di rimanere. Gli altri difensori sono sul mercato con l'espugimento dal cluster di Mazzocchi che è appena arrivato ed accetterebbe d'essere una seconda linea.

Lobotka e Kvaratskhelia sono gli unici pezzi pregiati ed hanno voglia di cambiare aria dopo tanta delusione, malgrado l'impegno non sempre in linea con quello dei compagni. Traorè e Dendoncker non saranno riscattati e Zielinski ha firmato con l'Inter a Marzo. Lindstrom, Cajuste e Natan sono stati acquisti flop e possono essere messi fortissimamente in discussione nel mercato estivo anche come elementi di negoziazione o contropartite di scambio.

In attacco Osimhen vuole andar via da un anno mentre Raspadori e Simeone sono stati ampiamente insufficienti e con minutaggio già contingentato, pertanto in probabile uscita. Politano, Meret, Rrahmani ed Anguissa che sono la rappresentanza viva dello zoccolo duro della squadra, non hanno dato dimostrazione di allineamento con le aspirazioni del Napoli, abbassando ulteriormente un rendimento mai alto quest'anno.

La diaspora di calciatori scudettati che danzano attorno all'ellisse del Vesuvio è pronta, e con questi presupposti potrebb'essere anche rapida ed indolore.

7 - L'AUTOCRITICA CALZONIANA

A furor d'orgoglio Calzona ha rivendicato nel post partita la propria abnegazione pressoché totale ad allenare il Napoli, non solo come atto sacrificale in un momento difficilissimo nei confronti di una piazza che per lui somiglia a una seconda casa o un luogo dell'anima, ma anche per un senso del dovere e di riconoscenza nei confronti della proprietà che ha voluto attribuirgli una fiducia impreventivata e pertanto molto gradita.

Rifuggendo da qualsiasi teoria para complottista o come lui l'ha definita 'gossipara' nel voler stigmatizzare il suo ruolo da allenatore, nel quale ha messo anima e corpo e malgrado tutto non è bastato, Calzona senza infrangimenti non aggira critiche imputabili a se stesso e giudica la squadra come corpo unico spersonalizzato, incapace di raccogliersi dentro le pieghe della partita, in un percorso arato in allenamenti e partita fino allo svilimento, insistendo sempre sugli stessi concetti che hanno tediato i giocatori stessi, non più padroni del proprio modo di stare in campo perchè diventato unico nelle fumose chiavi interpretative.

A Calzona, nonostante la disastrosa esperienza come primo allenatore del Napoli, va concesso il plauso d'averci provato assumendosi il rischio di fallimento ma non va concessa l'attenuante della squadra già avviluppata nel proscenio di questo fallimento, perchè non utilizzare con sagacia ed esperienza la leva psicologica l'ha resa una squadra imbrigliata in un guinzaglio tattico schematico di cui è diventata prigioniera ed incolume dinanzi a tutte le difficoltà.

8 - LO SPETTRO DELLA REINIZIALIZZAZIONE PROGETTUALE

Ricominciare è difficilissimo, soprattutto all'inizio. Bisogna ricreare i presupposti perchè lavorando in salita nel futuro si possa percorrere avere una strada in discesa; è impellente l'esigibilità di un piano per poter diversificare gl'investimenti ed aumentarne la profittevolezza, ampliare il canale d'utenza e generare fatturato dai propri asset di valore, nel caso specifico stadio, centro sportivo e luoghi d'intrattenimento.

La squadra va ricreata senz'appello, lo staff riqualificato ed ampliato, la dirigenza deve ricomporsi e serrare i ranghi senza intromissioni. Per il Napoli entrare in Champions il prossimo anno sarà la vera partita con il futuro, creando un ponte di collegamento avantemporale con il passato recente.

Chiavelli e De Laurentiis che vantano esperienza da vendere, dovranno scegliere gl'uomini del comparto sportivo inappuntabili per competenza ed esecutività, con uno storico calcistico affermato. Migliorare la proposta promozionale e divulgativa della vita del club è altrettanto prioritario, i social networks ne sono volano ma non avamposto principale. Ristrutturare il club significherà assestare anche il settore giovanile per far affiorare talenti spendibili immediatamente per la prima squadra, riqualificare i campi d'allenamento, dotare le strutture private d'un indotto per i tifosi e nutrire i nuovi calciatori ed il giovane pubblico d'uno stuolo di cose ad alto impatto emotivo per recuperare l'entusiasmo al momento eradicato dalle menti.

Il Napoli ha fatto un'impresa sportiva epocale con pochi eguali nel tornare a vincere dalle ceneri del fallimento 20 anni fa. Ora deve bissare quest'impresa. Ma in meno tempo.

9 - LA CONTESTAZIONE E' STATA LA MIGLIOR PRESTAZIONE

Anche nel dopo gara è proseguita la spregiudicata contestazione del tifo organizzato - senza mai sconfinare nell'illogico e nella brutalità - che per una volta non ha sostenuto la squadra dalle tribune per ovvie ragioni. Reagire con fervida alterigia e composto disprezzo nei confronti di un gruppo di calciatori poco onorevoli per il fenomeno meteorico del tifo a Napoli, sempre tracimante amore, è stata la risposta più forte e irreprensibile che negl'ultimi tempi la gente delle curve abbia potuto inscenare, senza pretese né offese.

La testimonianza più attiva che mai che a Napoli il tifo è maturo, consapevole e attento alle dinamiche, senza lasciarsi condizionare o fomentare da agenti esterni, perchè come dice un coro "Napoli è della gente" e l'appartenenza non si giudica, si rivendica.

10 - A DE LAURENTIIS L'ARDUA SENTENZA

Se sarà Antonio Conte il prossimo tecnico del Napoli la certezza sarà solo che la squadra sempre sotto tono in quest'annata funesta non si vedrà più, compatibilmente con il livello tecnico. Ma non può essere il solo allenatore con il suo staff a fare da ristrutturatore dell'opera calcistica a Napoli. Servono idee di futuro scalabili.

Aurelio De Laurentiis dopo essere passato da presidente, a padre, a consulente tecnico ad alchimista della situazione, ora è tornato suo malgrado a fare solo il presidente ed a ripristinare la mission che l'interruzione di continuità del progetto sportivo di crescita impone di constatare.

Sa sarà vera rivoluzione con 16 giocatori nuovi o anche di più, lo diranno i prossimi mesi. Intanto più che delegare e defilarsi dalla scena, ad ADL suggeriamo di cambiare comportamento ed essere categorico non solo con se stesso ma anche con i suoi subordinati, nella piena e dogmatica adesione al principio morale che viene prima il Napoli e poi il Napoli, perchè sono le persone capaci con valori umani che fanno grandi le società e non può sempre valere una regola inversa.